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C'è una parola buona per tutti

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 07:50.
L'ultima modifica è del 07 settembre 2010 alle ore 09:21.

Non ce n'era bisogno, ma a Mirabello Fini ha dimostrato di possedere vere doti di oratore. Le ventitré domande rivolte al pubblico sono solo interrogative retoriche, con cui rispondere a un immaginario (ma neanche tanto) processo pubblico. Quello che parla è un uomo deciso, anche se mancano quasi del tutto i «certamente», «indubitabilmente», «definitivamente», «massicciamente», «radicalmente» di cui era puntellata la relazione al Congresso di Fiuggi che sancì la fine del Movimento sociale.

Nel discorso più importante pronunciato da quel 1994, Fini doveva risolvere una serie di contraddizioni estremamente insidiose per il suo avvenire politico. Una parte consistente del suo seguito proviene dalle frange di An più legate all'eredità missina (l'acclamatissimo Mirko Tremaglia in testa), ma è possibile che il sistema elettorale o la realpolitik delle alleanze lo spingano a incontrarsi al centro dell'emiciclo con Casini e Rutelli. Che fare? La parola che è risuonata più martellante a Mirabello è stata «avanti» (ben sedici volte), ma questo «avanti» può voler dire cose molto diverse: la caccia a un elettorato fattosi sempre più volatile rispetto alle fedeltà tradizionali o invece la difesa di uno zoccolo duro. Un politico come Fini sa che nella sua condizione la quadratura del cerchio si ottiene solo sommando i sostenitori di ieri ai sostenitori di domani. E la quadratura del cerchio è arrivata domenica sera per via oratoria.

Il termine decisivo del discorso di Fini, e decisivo perché più carico di senso e di promesse, è senza dubbio «patto»: un «patto tra Nord e Sud», un «patto generazionale», persino un «nuovo patto tra capitale e lavoro». Il vocabolo non è scelto a caso. Fini suggerisce agli elettori che, a fronte del «patto di legislatura» cui lo richiamano continuamente gli esponenti della maggioranza berlusconiana (e cui Fini comunque dice che non verrà meno), esistono accordi più importanti: accordi che non riguardano le contrattazioni tra i gruppi parlamentari e le ambizioni dei leader, ma il paese reale. Con il risultato di trasformare implicitamente proprio Berlusconi nell'incarnazione di quel «Palazzo» della politique politicienne che il fondatore di Forza Italia ha sempre dichiarato di avversare. Un buon colpo.

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Tags Correlati: AN | FI | Gianfranco Fini | Mirko Tremaglia | Partiti politici | PD

 

Ma la mossa migliore di Fini è nel modo in cui ha selezionato le parole d'ordine di Futuro e libertà per attrarre gli elettori che forse verranno, dal centro e da sinistra, senza perdere per strada quella metà circa dei consensi di An che secondo i sondaggi si appresta a seguirlo nella nuova avventura. L'elogio degli stabilizzatori sociali e l'idea che la «lotta di classe» e il «mercatismo» siano due miti del XX secolo e che la politica di domani debba andare oltre, portando i grandi e i piccoli «produttori di ricchezza dalla stessa parte», può piacere agli ex-democristiani di Casini come ai socialdemocratici perplessi del Pd, ma allo stesso tempo suona alle orecchie dei nostalgici puri e duri come una potenziale riedizione del corporativismo fascista.

Lo stesso si può ripetere a proposito dell'insistenza sui giovani (ben sette richiami, compreso un accenno ironico all'età di Berlusconi). Un gruppo parlamentare che ha il futuro nel nome non può, ovviamente, farne a meno. Ma in questo caso c'è anche dell'altro, come indica il riferimento conclusivo ai propri ideali di gioventù: ideali che nel Fini degli anni 70, è bene ricordarlo, non coincidevano propriamente con un'incondizionata affezione alla democrazia repubblicana. Fini è stato ben attento a non utilizzare mai la parola «giovinezza», ma qualcuno dei suoi militanti - è lecito credere - non avrà rinunciato a compiere da solo il passo successivo. Eppure non c'è alternativa. La riuscita politica del presidente della Camera è legata anche alla capacità di traghettare parte di quel passato imbarazzante verso un futuro che, dopo un lungo percorso umano e intellettuale, appare ormai a Fini inseparabile dalla libertà.

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