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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2010 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 07 settembre 2010 alle ore 09:19.
Il mio articolo sul Sole 24 Ore del 1° settembre non voleva essere un necrologio per l'Unione europea; la mia intenzione era dare una scossa agli europei, metterli in guardia dalla rinazionalizzazione della vita politica in tutta Europa, che sta lentamente ma inesorabilmente minando il progetto d'integrazione.
Se questa rinazionalizzazione continuerà e si intensificherà, il mio timore è che sia a rischio il futuro dell'Unione europea. Gli europei non possono permettersi di dare l'Unione come qualcosa di scontato; devono cercare di infondere nuova vita alle sue istituzioni, offrire una visione stimolante del suo futuro.
Il presidente Giorgio Napolitano ha tenuto un discorso coraggioso e importante al Forum Ambrosetti di Cernobbio, offrendo esattamente quel tipo di analisi franca e costruttiva necessaria per rilanciare il progetto europeo. Napolitano descrive in che modo l'Unione europea può approfittare della crisi economica per rafforzare la gestione finanziaria e far progredire la riforma economica. Dice esplicitamente e con forza che nemmeno i Paesi più grandi dell'Unione (come l'Italia) possono contare soltanto sulla loro forza, ma che devono contribuire a un'Europa collettiva con la loro volontà politica, la loro ricchezza e la loro capacità militare, se vogliono che l'Unione europea assuma il posto che le compete sulla scena globale e si accolli una quota maggiore di responsabilità internazionali. E riconosce anche la necessità (forse è l'aspetto più importante) che una nuova generazione di leader mobiliti la società civile dietro a un rinnovato progetto europeo.
Questo è un momento cruciale per l'Unione europea. Nonostante il Trattato di Lisbona, l'Europa nel decennio passato ha perso slancio politico in modo preoccupante. I leader e i cittadini dovrebbero ascoltare le sagge parole del presidente Napolitano, mettere il rilancio dell'Unione al primo posto dell'agenda politica e forgiare insieme una visione comune per le prossime fasi dell'integrazione europea.
(Traduzione di Fabio Galimberti)