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La Bce? Piace agli esperti ma non alla gente

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2010 alle ore 08:26.
L'ultima modifica è del 08 settembre 2010 alle ore 08:06.

La Banca centrale europea «ha avuto una buona crisi», secondo la maggior parte degli osservatori dei mercati finanziari e dei commentatori indipendenti. Ha capito prima di altri la necessità di fornire liquidità illimitata ai mercati, ha adottato una politica monetaria correttamente accomodante a fronte della recessione, ha soppresso la tentazione di procedere troppo rapidamente a una strategia d'uscita, ha mostrato una certa efficacia nelle scelte non convenzionali, anche se su scala molto più limitata della Federal Reserve o della Banca d'Inghilterra.


Certo, non è riuscita in quello che secondo il governatore della Bank of England, Mervyn King, dovrebbe essere l'intento del buon banchiere centrale di rendere la politica monetaria "noiosa". Ma le circostanze degli ultimi tre anni non si prestavano affatto alla prevedibilità. La Bce ha comunque svolto bene il suo compito.
Per il pubblico in generale, però, non è così. A giudicare dai sondaggi di Eurobarometro, nell'opinione pubblica la fiducia nella Bce è calata bruscamente con gli sviluppi della crisi, fino a scendere per la prima volta al di sotto della percentuale degli sfiduciati. Ha poi recuperato nel corso del 2009, ma resta ben al di sotto dei livelli pre-crisi. Le ultime rilevazioni non sono disponibili, ma è possibile che siano influenzate dalla pessima gestione del caso Grecia in sede europea, alla quale la Bce ha offerto il suo contributo.
Una delle ragioni per lo scostamento fra le pagelle degli addetti ai lavori e dell'opinione pubblica è forse la tendenza dei politici a cercare un capro espiatorio, anche con campagne virulente, nelle istituzioni europee - e la Bce è fra le più in evidenza - quando le cose vanno male. Secondo Erik Jones, esperto d'integrazione monetaria europea della Johns Hopkins, la «percezione del pubblico conta», al di là degli effettivi risultati. Jones è convinto tuttavia che i banchieri centrali possano farci ben poco e comunque è opportuno che stiano lontani da ogni controversia di sapore politico. Per il "monitor" della Bce del Centre for Economic Policy Research, invece, «in una democrazia, l'indipendenza della banca centrale va difesa costantemente e la sola difesa è il sostegno popolare».

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Tags Correlati: Axel Weber | Banca d'Inghilterra | Bce | Bundesbank | Erik Jones | Istituzioni dell'Unione Europea | Mervyn King

 


Come conquistarlo? La politica di comunicazione della Bce è migliorata rispetto alla cacofonia dei primi anni, ma non abbastanza da arrivare al di là dei bene informati. La capacità di comunicare è cruciale perché la sua perdita indebolisce l'abilità della banca d'influenzare le aspettative rendendo più agevole il proprio lavoro. L'idea che il prossimo presidente della Bce possa essere l'attuale capo della Bundesbank, Axel Weber, che negli ultimi mesi ha dato ampia dimostrazione delle sue difficoltà a comunicare anche con i mercati e gli addetti ai lavori, rischia di far compiere un pericoloso passo indietro, in una fase in cui non c'è bisogno che i banchieri centrali contribuiscano ad aumentare l'incertezza.

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