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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2010 alle ore 08:12.
L'invidiabile crescita del Pil tedesco ci ha ricordato che c'è da imparare dalla Germania. Tuttavia, nel prendere lezioni dai tedeschi è bene scegliere con attenzione quali corsi frequentare. «Investire in ricerca e sviluppo per innovare». Certamente. «Delocalizzare attività a più basso valore aggiunto per migliorare la produttività». Assolutamente sì. Pochi commentatori hanno ricordato che il rilancio della produttività dell'industria tedesca (misurato in termini di costo del lavoro per unità di prodotto) avvenuto nei primi anni 2000 era fondato sulla delocalizzazione in paesi a basso costo di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Un processo che è costato alla Germania diversi anni di crescita bassa e di tasso di disoccupazione alto. «Concertare con i sindacati per migliorare la produttività». Non proprio!
La tanto reclamizzata concertazione sindacale non era altro che presa di coscienza da parte dei sindacati che l'industria tedesca si è attrezzata per delocalizzare. Per limitare la perdita di posti di lavoro hanno pertanto dovuto accettare riduzioni di orario di lavoro e forte contenimento degli aumenti salariali. Nei settori dei servizi non esposti alle minacce di delocalizzazione, la presenza dei sindacati tedeschi nei consigli rende la gestione aziendale molto più difficile che in Italia. Questa rigidità dei sindacati è una delle ragioni per cui la produttività tedesca in questi settori non è particolarmente alta.
È possibile applicare le lezioni tedesche anche in Italia? Senz'altro, ma riconoscendo le somiglianze e le differenze tra i due paesi. Per sostenere la competizione con la Germania da un lato e dei paesi a basso costo del lavoro dall'altro, l'industria italiana ha bisogno di aumentare il proprio valore aggiunto. Per fare ciò è necessario investire in innovazione, ma allo stesso tempo delocalizzare attività a più basso valore aggiunto. È un processo doloroso ma inevitabile. È importante quindi considerare la delocalizzazione non come una catastrofe, ma come un fattore di successo, da promuovere aiutando anche le nostre aziende, più piccole e meno strutturate di quelle tedesche, a realizzarlo.