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Andreotti e una frase contro la storia

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 10 settembre 2010 alle ore 08:07.

Lo stile è tagliente, sarcastico, a tratti cinico. Giulio Andreotti ne ha offerto ieri sera un'ulteriore dimostrazione in quella risposta alla domanda di Giovanni Minoli nel corso di «La Storia siamo noi», in onda su Raidue. «È difficile dire perché Giorgio Ambrosoli venne ucciso, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando». E così, con una battuta gettata lì da un uomo che per sette volte è stato presidente del Consiglio, e che secondo i suoi detrattori è stato uno dei «grandi burattinai» della cosiddetta prima Repubblica, l'avvocato Ambrosoli, liquidatore della Banca privata di Michele Sindona, ucciso l'11 luglio 1979 da un sicario, l'«eroe borghese» del celebre libro di Corrado Stajano, viene assimilato a uno che «se l'è cercata».

La precisazione diffusa quando il caso era ormai esploso, è anch'essa nel suo stile: «Sono molto dispiaciuto che una mia espressione di gergo romanesco abbia causato un grave fraintendimento sulle mie valutazioni delle tragiche circostanze della morte del dottor Ambrosoli». In sostanza, il novantunenne senatore a vita intendeva solo fare riferimento «ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto con il difficile incarico assunto».

È il 24 settembre del 1974, quando il governatore della Banca d'Italia, Guido Carli, affida a Giorgio Ambrosoli l'incarico di commissario unico liquidatore della Banca di Sindona. Incarico che Ambrosoli svolge con assoluta onestà. Il 24 marzo 1979 - e siamo all'atto finale di questa torbida vicenda - parte l'attacco senza precedenti alla Banca d'Italia. Affidiamo la commossa ricostruzione a Carlo Azeglio Ciampi, tratta dal libro-conversazione con Arrigo Levi Da Livorno al Quirinale: «Ero in banca, quando entrò nella mia stanza Sarcinelli. Carlo, sono venuti ad arrestarmi! Mi precipitai da Baffi e lo trovai distrutto. Aveva in mano il documento che gli avevano consegnato, con l'incriminazione per lo stesso reato contestato a Sarcinelli. Il documento era stato scritto con la carta carbone. Non si concludeva con l'ordine d'arresto per l'età». Esperienza terribile per due uomini integri, per due autentici servitori dello stato.

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Tags Correlati: Arrigo Levi | Banca d'Italia | Corrado Stajano | Giorgio Ambrosoli | Giovanni Minoli | Giulio Andreotti | Guido Carli | La Storia siamo noi | Presidenza della Repubblica | Rai Due | Reati | Umberto Ambrosoli Qualunque

 

Quel colpo sparato ad Ambrosoli - scrive Ciampi nella prefazione al libro di Umberto Ambrosoli Qualunque cosa accada, storia di un uomo libero - era destinato al cuore dello stato». Clima «inquietante e torbido» di intrecci tra «malavita e forze eversive, che puntavano alle istituzioni con un disegno destabilizzante non dissimile, nei suoi esiti, da quello perseguito dal terrorismo, dalla lotta armata».

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