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Basilea3: una gabbia robusta ma costosa

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2010 alle ore 09:10.
L'ultima modifica è del 14 settembre 2010 alle ore 09:08.

Il rischio è una bestiaccia che non si doma e l'unico modo per impedire che faccia danni è costruirgli intorno una gabbia tanto robusta quanto costosa. È questo il messaggio più significativo che i tecnocrati delle banche centrali hanno mandato al mondo da Basilea dove domenica è stato raggiunto, a due anni di distanza dal fallimento di Lehman Brothers, un accordo sulle nuove regole prudenziali per le banche. È anche una confessione d'impotenza dopo lo smacco patito con la crisi finanziaria.
Tuttavia la stretta era necessaria: il sistema bancario globale, al di là delle eccezioni locali, se l'è cercata e meritata tutta.

Semmai è lecito chiedersi se è normale che occorrano due anni per la messa a punto, più almeno otto anni di periodo di transizione. Non è che nel 2019 sarà già arrivata un'altra crisi a spazzare via le certezze maturate nei lavori preparatori di Basilea 3?
È vero che la diluizione dei tempi serve a rendere meno violento l'impatto dei nuovi coefficienti. Per le banche costrette allo sforzo massimo di adeguamento si prevede un rapporto del 10,5% tra capitale e attivo ponderato per il rischio. La società di rating Fitch ieri stimava un fabbisogno di fondi patrimoniali pari, in questa ipotesi estrema, a 326 miliardi di euro per 35 delle 46 maggiori banche mondiali qualora alla fine l'obiettivo fosse fissato al livello massimo.

E qui si arriva a una certezza sostanziale: poiché i gruppi bancari dovranno sopportare oneri crescenti per rafforzare il proprio patrimonio, il costo del denaro per le imprese e per le famiglie aumenterà. Per fortuna in questa fase, e probabilmente ancora per qualche tempo, la politica monetaria espansiva (tassi-pilota bassi) aiuterà ad attenuare l'impatto delle nuove regole. Tuttavia è probabile che gli effetti sull'economia si facciano sentire, con una minore disponibilità di credito a prezzi più elevati.

Si rischia una recessione-bis ancora una volta per colpa delle banche? Forse no ma chi ha la responsabilità della politica economica dovrà tenere la situazione sotto controllo con molta attenzione per evitare che, alla fine, il costo della nuova regolazione ricada sulle spalle del sistema produttivo. Soprattutto in Italia dove la crescita è ancora titubante: basta poco per passare dal segno più al segno meno.

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Tags Correlati: Banca d'Italia | Banca Mondiale | Basilea | Management |

 

Le banche italiane sembrano ben attrezzate per rispondere ai nuovi requisiti patrimoniali. Hanno resistito meglio alla crisi e si sono cautelate per tempo con iniezioni di capitale fresco, ricorrendo solo in misura minima ai fondi messi a disposizione dallo stato, cioè dai contribuenti.

Il problema più delicato che si prospetta riguarda gli assetti proprietari. Le maggiori banche sono controllate dalle fondazioni che hanno ben svolto, dopo la privatizzazione del sistema, il ruolo di investitori di lungo periodo. Se saranno necessari aumenti di capitale le fondazioni non potranno partecipare perché non hanno più fondi da impiegare per queste operazioni. Le loro quote si diluiranno. Altri soggetti (industriali, gruppi esteri bancari e non bancari, fondi sovrani) potrebbero puntare al controllo. A quel punto toccherà al governo e alla Banca d'Italia decidere quale atteggiamento assumere nel rispetto delle regole europee e internazionali.

È vero peraltro che per migliorare i coefficienti non esiste solo la strada degli aumenti di capitale. La patrimonializzazione migliora anche non distribuendo dividendi agli azionisti. Così come cedendo attività. «La dimensione è potere», fa presente un esperto banchiere. E quindi nessuno dei suoi colleghi sceglierà a cuor leggero la strada di rinunciare ad asset importanti. Eppure le nuove regole di Basilea dovrebbero incoraggiare le banche maggiori a riflettere: la cessione dell'asset management, per esempio, porterebbe parecchi soldi in cassa e sarebbe un'occasione di crescita per il sistema. Che si libererebbe di un conflitto d'interessi permanente. Certo, occorrono compratori, meglio se non bancari, ma il momento è propizio per una svolta a lungo attesa.

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