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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2010 alle ore 08:07.
C'è un filo che lega la legge sul "made in" e la privatizzazione di Tirrenia. La si può sintetizzare con una vecchia frase dell'eterno Gino Bartali, che ad ogni tappa persa ripeteva: «L'è tutto sbagliato, tutto da rifare». Per la legge 55/2010, nata con ampia maggioranza parlamentare in aprile, mancano i decreti attuativi. L'entrata in vigore al 1° ottobre, attesa dalla filiera tessile, pare saltare. Tutto da rifare. Ma forse è meglio così. Si sapeva fin dall'inizio che la tutela dei prodotti nazionali va sviluppata a livello comunitario.
Come dimostrano i ripetuti rilievi della Commissione, una legge italiana sul tema è una fuga in avanti. Fa guadagnare qualche titolo sui giornali, piccole fette di consenso tra i produttori meno avveduti, ma si scontra con il muro di realtà imposto dall'architettura sovranazionale a cui, fino a prova contraria, il paese appartiene. La demagogia non paga, semmai illude. Così per Tirrenia. Tutta da rifare, come scriviamo a pagina 22, la gara per privatizzarla. Anche in questo caso forse non è un male: l'acquirente designato aveva in pancia una quota pubblica. Ma non si poteva vedere il muro che si aveva davanti prima di sbatterci contro?