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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 09:20.
L'ultima modifica è del 23 settembre 2010 alle ore 09:13.
La coalizione dei volonterosi azionisti di UniCredit che ha messo alla porta Alessandro Profumo doveva avere degli ottimi motivi. Al presidente Dieter Rampl, leader dell'inedita alleanza tedesco-padana, era stato autorevolmente raccomandato che delle due l'una: o all'amministratore delegato Profumo veniva rinnovata la più totale fiducia dal consiglio di amministrazione dopo gli screzi dei giorni precedenti oppure le sue dimissioni dovevano essere accompagnate dalla contestuale scelta del successore.
E invece Rampl è andato avanti perché con Profumo «c'erano punti di vista diversi sulla corporate governance». Le deleghe di gestione sono state affidate al presidente e l'incertezza sul futuro della più importante banca italiana è totale, come dimostra la reazione della Borsa.
Comunque Profumo non è più il capo di UniCredit, il colosso bancario europeo che ha di fatto creato. E senza Profumo è destinato a cambiare l'assetto di potere della finanza italiana.
Certo, tutto dipende dalla persona che gli azionisti di UniCredit metteranno al suo posto. Può darsi che spunti un eccellente manager bancario, in grado di migliorare la performance del gruppo e di portare ai soci risultati in linea con le aspettative.
Meno deludenti, cioè, di quelli realizzati dal Profumo dell'epoca imperiale, successiva all'acquisizione della tedesca Hvb e della romana Capitalia. Investimenti che si sono rivelati assai cari soprattutto se valutati con i parametri post-crisi. È peraltro probabile che nel sistema bancario italiano aumenti l'omologazione. Profumo è stato per lungo tempo quello che sapeva dire di no quando arrivavano "certe" richieste. Non si è commosso per Telecom, per Alitalia o per Rcs. Forse aveva torto (ma più probabilmente no). Fatto sta che ha detto: «Non è nell'interesse della banca». E si è assunto le sue responsabilità.
E adesso? Come sarà l'Unicredit del dopo-Profumo? Avrà un amministratore delegato con una proiezione internazionale in grado di consolidare lo sviluppo di un gigante presente in 22 paesi? O sarà un gagliardo e rampante manager «attento al territorio» e sensibile ai richiami della politica? Sarà un esterno o un interno? E se il prescelto verrà da fuori come la prenderanno quelli che in questi anni hanno affiancato Profumo?