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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 08:35.
Una nuova pagina, che ha come parola chiave la produttività, sempre all'insegna di quel riformismo per la crescita che ha contraddistinto gli accordi interconfederali dei primi dieci anni del 2000. Il prossimo decennio si potrebbe aprire con un nuovo grande patto tra le parti sociali per recuperare la produttività perduta dal 2000 al 2010 nei confronti dei nostri competitori, Germania in testa. L'appuntamento è il 4 ottobre, in Confindustria, con tutte le organizzazioni imprenditoriali e sindacali. Con la speranza che, stavolta, la Cgil non si alzi e arrivi fino alla firma.
E che si faccia presto, badando ai tempi ormai rapidissimi della competizione globale e abbandonando i vecchi rituali sindacali e le difficoltà di intercettare e soprattutto anticipare i cambiamenti.
Ripensare al passato per guardare al futuro. È questo lo spirito con cui Confindustria sta celebrando gli appuntamenti del centenario, tra questi il convegno sul lavoro che si terrà a Genova domani e sabato. Sfogliare le pagine dei tre volumi Confindustria e il lavoro 2000-2010 apre una riflessione sui passi avanti, importanti, e sulle difficoltà, troppe, delle riforme che sono state realizzate. Una documentazione di cui far tesoro per l'epoca che si apre: a una competizione globale dovranno corrispondere relazioni industriali adeguate, per utilizzare meglio gli stabilimenti, senza ledere i diritti, ma con più flessibilità. Più produttività e più salario, spostando il baricentro della contrattazione in azienda. Con l'obiettivo della crescita e dell'occupazione.
I tre libri sono un lavoro di quasi duemila pagine, a cura dall'area Relazioni industriali, di cui è direttore Giorgio Usai, che li presenterà a Genova. Nel primo volume sono raccolti gli accordi interconfederali degli ultimi dieci anni, nel secondo le audizioni parlamentari sul lavoro, nel terzo la riforma della contrattazione collettiva.
Riforma del contratto a termine nel 2001, e poi la legge Biagi nel 2003, che ha regolarizzato la flessibilità nel mercato del lavoro. Il Patto per l'Italia, nel 2002, che tenta la sperimentazione per il superamento dell'articolo 18 e propone novità sugli ammortizzatori sociali. Già nelle prime riforme del decennio si materializza un caratteristica che sta durando fino a oggi: il no della Cgil. Una linea avviata da Sergio Cofferati che non si modifica con il successore, Guglielmo Epifani. Nemmeno sul protocollo per il Welfare, durante il governo Prodi, la Cgil firma: Epifani manderà al presidente del consiglio una lettera di adesione. E il più grande sindacato italiano non c'è nemmeno sulla riforma dei contratti del 2009.