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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2010 alle ore 08:55.
Le critiche allo statalismo possono riempire ormai intere biblioteche. E in questa fase in cui l'evoluzione economica impone di ripensare il ruolo degli stati e le logiche della spesa pubblica, appare allora opportuno un supplemento di riflessione perché si tenga conto della possibilità di rendere sempre più costruttivo il rapporto tra politica e cittadini. Le basi di partenza non sono tra le migliori.
È ancora attuale la riflessione di Luigi Sturzo del novembre del 1952: «Abbiamo in Italia - scriveva - una triste eredità del passato prossimo, e anche in parte del passato remoto, che è finita per essere catena al piede della nostra economia, lo statalismo economico inintelligente e sciupone, assediato da parassiti furbi e intraprendenti e applaudito da quei sindacalisti senza criterio, che credono che il tesoro dello stato sia come la botte di San Gerlando, dove il vino non finiva mai».
Da allora il ruolo dello stato è cresciuto ancora di più, almeno fino agli anni Novanta, quando è iniziata una prima svolta con una politica di privatizzazioni che ha riguardato banche, industrie e servizi, ma che non ha mutato le logiche dello stato sociale dove anzi, in particolare sulla sanità e sulla previdenza, l'esclusiva pubblica è stata solo parzialmente intaccata dal ruolo dei privati.
Lo stato sociale è certamente una conquista positiva nell'evoluzione politica che si è realizzata nel secolo scorso, ma questo giudizio di fondo non può far dimenticare i limiti e i riflessi sulle dinamiche
personali e sulla coesione sociale. Così come vanno combattute l'inefficienza, la spesa improduttiva, i contributi a pioggia è forse opportuno anche riflettere sul fatto che uno stato che assorbe la metà della ricchezza prodotta dai cittadini rischia sempre di più di essere considerato come l'unico titolare dei doveri di assistenza ed equità. Con la conseguenza che si affievoliscono la responsabilità delle persone, le tensione alla solidarietà e quella virtù morale che spinge ad aiutare il prossimo.
Tibor R. Machan, docente di Etica dell'economia alla Chapman University, in un piccolo saggio dedicato alla generosità, mette con chiarezza in luce come uno dei problemi più gravi nella società d'oggi sia «l'infiacchimento morale della popolazione causato da uno stato paternalista che pretende di prendersi la responsabilità della virtù». Ma le virtù non possono che essere personali e solo una società capace di mantenere spazi di libertà può offrire a ogni persona un percorso, anche educativo, verso il sentirsi partecipe della vita degli altri.