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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2010 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2010 alle ore 08:06.
I motivi all'origine delle dimissioni di Larry Summers dalla carica di massimo consigliere per l'economia del presidente Obama non contano, né importa che cosa abbia fatto durante il suo mandato alla Casa Bianca. Ciò che più conta è che cosa accadrà adesso.
Summers lascia un vuoto enorme al vertice del team di consiglieri di Obama, in un momento di grande incertezza per il presidente, gli Usa e l'economia internazionale. Mentre la maggior parte dell'opinione pubblica si concentrerà sulla persona scelta per sostituire Summers, il primo posto nel quale Obama deve guardare è dentro di sé. È innegabile che i massimi funzionari e dipartimenti della Casa Bianca hanno successo solo nella misura in cui il presidente consente che l'abbiano. È il presidente a dare pieni poteri alle persone, a esserne garante, a decidere lo stile del lavoro.
L'ondata di dimissioni in ambito economico - Peter Orszag, capo dell'Ufficio budget della Casa Bianca, e Christina Romer, capo del consiglio dei consiglieri economici, e Summers - cancella la squadra di all star che Obama aveva tanto pubblicizzato. La realtà è che tutti loro sono stati di successo, collaborativi, creativi o capaci di stabilire le giuste priorità soltanto nella misura in cui il presidente glielo ha permesso. Vale la pena osservare che accanto a loro, nei briefing quotidiani sull'economia, c'erano anche altri personaggi di spicco, Rahm Emanuel, David Axelrod, Valerie Jarrett e Tim Geithner, il segretario del Tesoro. Quando il polverone sollevato calerà, sembra che resteranno solo Jarrett e forse Geithner.
Nello sport, quando una squadra gioca male, la prima persona a dover fare fagotto è il manager o l'allenatore. In politica, pare sempre che sia la squadra a sciogliersi.
I sostituti chiamati a rimpiazzare chi deve andarsene non saranno in grado di essere all'altezza delle sfide alle quali il paese deve far fronte se Obama per primo non riuscirà a risolvere il suo innato disagio nei rapporti con gli esperti di economia, non riconoscerà di essere lui a fissare le priorità sbagliate esercitando pressioni per la riforma dell'assistenza sanitaria prima del dovuto, non capirà in che modo la sua inesperienza in questi ambiti lo limiti e non imporrà un team di avversari sul fronte economico. Il presidente deve trovare il coraggio politico di fare ciò che deve essere fatto in tema di taglio al deficit, ed è indispensabile che capisca che lui e il suo team non saranno giudicati per come hanno reagito a una crisi ereditata, ma per quello che hanno fatto per alimentare la crescita e contribuire a rendere competitiva l'America.