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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2010 alle ore 09:47.
L'ultima modifica è del 25 settembre 2010 alle ore 08:03.
Il mondo si commuove giustamente per Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione dal regime islamico di Teheran. Ma i casi di ordinaria crudeltà in nome dell'Islam non scuotono quasi mai le coscienze occidentali. Qualche settimana fa un giudice saudita ha chiesto a numerosi ospedali del regno se fossero in grado di menomare, danneggiare, spaccare il midollo spinale di un imputato condannato per aver attaccato un altro uomo, paralizzandolo.
La pena comminata dal giudice saudita è stata l'occhio per occhio. La fonte di tale barbarie è la legge islamica, la sharia. Uno degli ospedali sauditi, a Tabuk, ha detto di sì, ma il giudice compassionevole sta ancora cercando «una struttura più specializzata per condurre l'operazione».
Thomas Friedman ha scritto sul New York Times di A precious life, un documentario di un giornalista israeliano che racconta l'incredibile storia di Mohammed Abu Mustafa, un bambino palestinese di 4 mesi affetto da una rarissima malattia. Il giornalista aveva lanciato un appello alla tv israeliana per raccogliere i 55mila dollari necessari al trapianto di midollo osseo del neonato di Gaza. Un cittadino israeliano, il cui figlio è stato ucciso nella guerra contro gli arabi, ha donato la somma e il bambino è stato curato da un chirurgo che a un certo punto ha dovuto lasciare l'ospedale per andare in guerra proprio a Gaza. Raida, la madre del bambino, è stata criticata e insultata dai suoi vicini per aver accettato le cure in Israele. Invece di ignorare le ingiurie, la mamma del bimbo ha detto al documentarista di sperare che suo figlio diventi un martire, un uomo bomba, un assassino che muore suicida per conquistare Gerusalemme.
Alle Nazioni Unite Barack Obama invita al dialogo, mostra la faccia buona dell'Occidente, tende la mano al mondo musulmano, ma finora dagli ayatollah iraniani ha ricevuto un pugno serrato. Nel suo nuovo libro Faith and Power, appena uscito in America, Bernard Lewis è meno ottimista del presidente. Il 94enne Lewis è il più importante studioso occidentale di Islam, professore onorario a Princeton e autore di numerosi saggi sull'argomento. Il nuovo libro spiega l'intreccio tra fede e potere, tra religione e politica, in Medio Oriente e nel mondo islamico. Il concetto di separazione tra stato e chiesa nell'Islam non esiste, scrive Lewis. «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» è il principio chiave del pensiero e della pratica cristiana.