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Rosso? No sarà socialdemocratico

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2010 alle ore 07:45.
L'ultima modifica è del 28 settembre 2010 alle ore 08:24.

La leadership del partito laburista, conquistata per un soffio, sarà un compito terribilmente gravoso per Ed Miliband. Appena eletto, si è trovato a doversi difendere dagli attacchi che gli sono venuti da una vasta parte dei media e dal governo liberal-conservatore, pronti a dipingerlo come "Ed il Rosso", desideroso di spostare indietro l'orologio del laburismo per ricondurlo ai tempi precedenti la rivoluzione di Blair. Un'accusa resa più facile dall'appoggio che i sindacati hanno accordato al più giovane dei fratelli Miliband e dimostratosi decisivo.

Sarà così atteso al varco, Miliband, sulle questioni cruciali della politica economica inglese. Si valuterà la sua posizione sui tagli della spesa pubblica annunciati dal governo Cameron-Clegg e osteggiati in primo luogo dai sindacati del pubblico impiego. Si esaminerà soprattutto la qualità della politica d'opposizione che dovrà guidare, se sarà in nome della tradizione del vecchio laburismo che s'identificava con la politica della spesa o se sarà invece più attenta a recuperare la delusione di quella componente dell'elettorato liberale che appare già deluso dall'allineamento di Nick Clegg ai conservatori.

Di sicuro, Ed Miliband - che ha centrato la sua campagna su un segno di discontinuità netta rispetto a Blair - non farà rivivere la vecchia sinistra laburista. Nessuno intende far rinascere l'universo dei Michael Foot e dei Tony Benn, che è tramontato negli anni 80.
E ha ragione chi sostiene che Ed Miliband tenderà a muoversi in quello spazio di centrosinistra da cui le forze politiche eredi delle socialdemocrazie novecentesche non possono più uscire. Il nuovo leader laburista sa di dover parlare all'"Inghilterra di mezzo", che non coltiva più identificazione alcuna con le tradizioni politiche del passato. Il nucleo storico dell'elettorato laburista è di per sé ridotto e non è certo appellandosi a esso che il partito può venir fuori dalla sua crisi. Eppure, c'è un'intuizione nella proposta di Ed Miliband che lo distacca dal passato recente del governo laburista senza rigettarlo nel campo della sinistra desueta.

Declinata in maniera originale può esercitare un richiamo anche alla classe media che sta attraversando la crisi. Essa consiste nell'idea che non basti più promuovere la produzione della ricchezza, come hanno fatto gli ultimi governi laburisti, trascurando completamente il problema della sua distribuzione, senza badare cioè alla ripartizione del reddito, che tende a polarizzarsi.

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Tags Correlati: Blair | Cameron-Clegg | Ed Miliband | Edmondo Berselli | Einaudi | Nick Clegg | Partiti politici | Roy Hattersley

 

Con la crisi si è tornata ad accreditare l'idea secondo cui la stabilità del processo economico è connessa anche alla distribuzione della ricchezza che, quando è troppo ineguale, genera squilibri. Ne ha scritto con efficacia, poco prima di morire, Edmondo Berselli in un breve saggio (L'economia giusta, Einaudi) che dà voce e argomenti a un'opinione crescente nei ranghi del centrosinistra europeo. L'abbandono del principio d'eguaglianza non produce effetti negativi sulla coesione sociale soltanto, ma sulla stessa tenuta del sistema economico.

Ora, i mezzi per intervenire sulla distribuzione del reddito e per ridurne i divari più acuti sono certamente opinabili e non c'è dubbio che occorrerà metterne a punto di nuovi, ma la questione di una ripresa del tema dell'eguaglianza resta per un partito come il Labour Party e non si può camuffare sotto le spoglie di una controversia fra la destra e la sinistra del partito. A commento della vittoria di Ed Miliband, Roy Hattersley - a lungo una figura di rilievo nei ranghi laburisti, estranea alle sue correnti di sinistra - ha scritto sull'Observer che con il nuovo leader la cultura socialdemocratica recupera legittimità all'interno del partito. Toccherà insomma a Ed Miliband dimostrare se vi sia ancora argine, nella politica contemporanea, per una ripresa della socialdemocrazia, abbandonata da Blair come uno strumento inservibile.

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