Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 08:53.
22 aprile
Ambasciata canadese, Washington
È una sera di primavera: un gruppo di individui fra i più potenti del pianeta si riunisce a cena al 501 di Pennsylvania Avenue. L'argomento in discussione è drammaticamente pressante: bisogna trovare il modo per salvare l'unione monetaria europea. I ministri dell'Economia e i governatori delle Banche centrali dei paesi del G7 riuniti intorno al tavolo sono angosciati dal rischio che la crisi del debito pubblico in Grecia possa esplodere in una crisi europea più generale e destabilizzare il sistema finanziario globale.
«È difficile descrivere l'incredulità e l'ansia degli americani di fronte all'incapacità ad agire dell'Europa», ricorda Alistair Darling, l'ex ministro del Tesoro britannico, presente a quella cena. «Il messaggio era: "Ma perché non agite? Lo sapete che dovete fare qualcosa"». Undici giorni prima, i leader europei e l'Fmi avevano promesso alla Grecia un piano di salvataggio da 45 miliardi di euro. Ma nelle discussioni al 501 di Pennsylvania Avenue, con il ministro dell'Economia canadese Jim Flaherty a fare da anfitrione, avevano stabilito che sarebbero serviti molti più soldi.
«C'erano timori molto seri sul rischio di contagio globale. I colloqui erano molto diretti», ricorda Olli Rehn, commissario Ue agli Affari monetari. «Era chiaro che Usa e Fmi avrebbero dato il loro sostegno. Non c'era nessun atteggiamento di compiacimento per i problemi altrui da parte americana. Erano disponibili, pronti a dare una mano con la loro esperienza in fatto di gestione delle crisi».
Al termine della cena, quella sera, Rehn e gli altri commensali, compresi i presidenti della Fed e della Bce e i direttori dell'Fmi e della Banca mondiale, lasciarono l'ambasciata d'accordo sulla necessità di un'azione comune urgente.
Ora, a quasi sei mesi di distanza, è evidente che quella decisione fu presa appena in tempo. Perché l'euro, a differenza di altre monete, non è semplicemente un mezzo di pagamento e una riserva di valore. È un simbolo delle aspirazioni dell'Europa a essere rispettata come comunità di nazioni sovrane impegnate in un esperimento senza precedenti per unirsi in pace e prosperità. Ma come dimostra l'analisi degli eventi di quest'anno, le autorità dovranno darsi parecchio da fare per mettere rimedio ai difetti di progettazione e alle debolezze economiche che penalizzano il progetto fin dal principio.
I protagonisti LA GRECIA
Il debito pubblico
del paese di Papandreou
rischia di affossare l'euro
e creare una crisi di sistema
22 aprile 2010
LA FRANCIA
Nicolas Sarkozy sollecita
la Bce a seguire l'esempio
di Fed e Banca inglese
«Forza, basta esitazioni»
7 maggio 2010
LA GERMANIA
Angela Merkel difende
la Bce: «I capi degli stati
rispettino l'indipendenza
della Banca centrale»
7 maggio 2010
GLI STATI UNITI
La somma era stata
decisa: 500 miliardi di euro
Obama chiama i leader Ue
per esortarli a proseguire
8 maggio 2010
LE TAPPE
pIl primo ministro greco George Papandreou, al potere dal 6 ottobre 2009, denuncia subito dopo la formazione del governo la criticità della situazione finanziaria a causa di un deficit pubblico al 12,7% del Pil, ovvero quattro volte superiore ai limiti concessi nella zona euro. Vengono varate dure misure di austerità per ridurre il deficit dal 12,7 all'8,7% del Pil: 4,8 miliardi di euro (il 2% del Pil), per metà tagli alla spesa, per metà inasprimenti fiscali.
Lo scorso aprile, il ministro dell'Economia, Giorgos Papakonstantinou, manda in fibrillazione i mercati finanziari annunciando l'impossibilità di pagare la cedola dei titoli del debito pubblico in scadenza il 19 maggio.
La dichiarazione d'insolvenza scatena il panico fra gli operatori, provocando un'ondata di vendite dei bond greci e un sensibile deprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro. La speculazione ha anche l'effetto d'influenzare l'andamento dei titoli di stato di Spagna e Portogallo, altri paesi della zona euro in crescente difficoltà.
Nei primi giorni di maggio viene definito un pacchetto di 110 miliardi di euro di aiuti in tre anni da parte dei paesi della zona euro. Al fine di scongiurare il possibile default greco, la Ue, insieme all'Fmi, concede ad Atene un prestito di 45 miliardi di euro. In cambio, il governo ellenico approva un piano economico per ridurre il debito pubblico attraverso tagli significativi della spesa.
Il 19 agosto la Commissione dichiara che
«le misure fiscali adottate in Grecia appaiono sufficienti per raggiungere gli obiettivi di deficit per il 2010». A settembre, Atene intasca la seconda tranche da 9 miliardi del prestito Ue-Fmi.