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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2010 alle ore 08:42.
A maggio del 2009, la Bce ha operato l'ultimo ribasso del suo tasso d'interesse, all'1%, ma ha respinto le richieste di adottare una politica di tassi zero. All'epoca la spiegazione che ho sentito dare era questa: quello che era davvero importante per l'economia non era il tasso d'interesse ufficiale, ma i tassi effettivi del mercato monetario. E questi erano prossimi allo zero, per il modo in cui la Bce gestiva le sue politiche di liquidità. Quindi, se era vero che i tassi ufficiali erano più alti che negli Usa, a livello concreto non c'era poi una gran differenza.
Se si accetta questa tesi, allora bisogna concludere che la Bce questo mese ha alzato i tassi d'interesse. Eliminando gradualmente le sue politiche di liquidità, i tassi d'interesse del mercato monetario stanno lentamente risalendo verso l'1%, che è il tasso di riferimento ufficiale a breve. Il tasso Euribor settimanale, ad esempio, è salito dallo 0,35% d'inizio mese allo 0,7. In altre parole, senza fare nulla, la Bce in pratica ha raddoppiato il tasso. Quindi, mentre Fed e Banca d'Inghilterra stanno prendendo in considerazione un'altra tornata di misure di espansione quantitativa, gli europei non stanno solo pensando ad alta voce alla strategia d'uscita dalle misure di politica monetaria: hanno già iniziato a metterla in pratica.
È il momento giusto per uscire? Abbandonare le misure di sostegno finanziario è senza dubbio un'iniziativa sensata. Con le sue politiche di liquidità, la Bce ha alimentato una cultura della dipendenza. Ma è proprio necessario abbandonare anche le misure di politica monetaria? Alla domanda si può rispondere in vari modi, ma il succo non cambia. In primo luogo, da un punto di vista formale, basandosi su un modello macroeconomico, in effetti è piuttosto difficile trovare qualcuno che in questo momento invochi un innalzamento dei tassi d'interesse.
In secondo luogo, le misure unilaterali adottate da molti paesi extraeuropei per accrescere la propria competitività relativa attraverso una svalutazione del tasso di cambio sono diventate un fatto concreto nel mondo del dopo-crisi. Non è il caso che Eurolandia prenda parte a questo gioco mondiale a somma zero, ma non può neanche ignorarlo. In un momento in cui la Fed e Banca d'Inghilterra stanno prendendo in considerazione un'altra tornata di misure di espansione quantitativa, e il Giappone, la Cina e il Brasile stanno già prendendo provvedimenti per preservare la loro competitività sui mercati mondiali, sarebbe una follia se la Bce inasprisse le sue politiche come se il contesto esterno fosse neutrale. Se la Ue vuole veramente riformare il sistema monetario globale, un prerequisito minimo sarebbe che la Bce non andasse in direzione diametralmente opposta alla Fed.