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L'asticella giusta per l'università

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 08:52.
L'ultima modifica è del 20 ottobre 2010 alle ore 08:53.

Chi sono i ricercatori dell'università italiana? Come entrano in ruolo? E come fanno carriera? Posso scrivere in prima persona, in quanto sono stato presidente della commissione per la conferma in ruolo dei ricercatori di economia politica del biennio 2008-09. Cos'è la conferma in ruolo? Il lavoro scientifico e didattico svolto dai ricercatori nei primi tre anni di carriera deve essere valutato per capire se meritano un posto a vita. Se la loro attività non viene giudicata meritevole di conferma, hanno due anni di tempo per mettersi in regola e se in questo tempo non riescono a farlo escono dai ruoli universitari.
La Commissione di valutazione è composta da tre accademici e rimane in carica due anni. Ha dunque modo di valutare un numero a volte elevato di persone, 88 nel nostro caso, oltre il 30% del totale dei ricercatori di economia politica. Insomma, un quadro piuttosto articolato e rappresentativo della "coorte junior" di chi fa ricerca accademica in economia.

L'esito della valutazione mostra un mondo diviso in due. Circa il 50% dei candidati ha uno standing scientifico adeguato al mercato della ricerca europeo e il 60% è riuscito a pubblicare almeno un saggio su una rivista internazionale di un qualche rilievo scientifico. Metà dei ricercatori in economia politica (fra l'altro una disciplina molto esposta al confronto internazionale) svolge invece attività di ricerca (quando la fa) senza alcuna connessione con il dibattito scientifico internazionale.
Mi preme che la doppia lettura di questi dati rimanga tale. Il panorama non è desolante. Tra i nostri giovani ci sono ricercatori straordinari e capaci, spesso collocati in realtà accademiche molto disagiate. Ma convivono con colleghi con profili di ricerca francamente modesti.
Come previsto dalla legge, con gli altri commissari (Alessandra Chirco dell'università del Salento e Giancarlo Bertocco dell'università dell'Insubria) abbiamo deciso di utilizzare in modo rigoroso l'asticella della conferma. Il 15% dei candidati non è passato. Questa non è prassi consueta. Vi è molta riluttanza a negare la continuazione della carriera. Le commissioni che hanno lavorato in parallelo a noi nei settori disciplinari dell'area delle scienze economiche e statistiche erano 19: di queste, 17 non hanno rinviato alcun ricercatore per la conferma.

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Tags Correlati: Alessandra Chirco | Giancarlo Bertocco | Giulia Zacchia | Scuola e Università

 

Il meccanismo va dunque riformato. È necessario mettere paletti veri e non aggirabili allo svolgimento della carriera. Il ruolo di ricercatore a tempo determinato, seguito da un concorso da associato nazionale (e non locale) previsto dalla riforma, è sicuramente uno strumento adeguato a questo fine, ben più efficace dell'asticella, ahimè fragile e bassa, della conferma.
Attenzione, però. I buoni ricercatori devono poter essere premiati. I concorsi ci dovranno per forza essere dopo i sei anni nella posizione più junior. E allo stesso modo, per i valorosi oggi in ruolo che hanno superato con buono e ottimo giudizio lo scoglio della conferma, è giusto prevedere concorsi da associato che ne premino lo sforzo e il merito. Ma concorsi veri, non ope legis camuffati.
La selettività nei confronti dei ricercatori non significa togliere risorse alla didattica. Sia l'idea che l'insegnamento rappresenti un ostacolo alla ricerca, sia quella che si debbano promuovere comunque i ricercatori per avere risorse per la docenza sono sbagliate. Tutti i ricercatori migliori da noi valutati hanno titolarità di corsi importanti, mentre la metà dei non confermati non insegna. Il meccanismo attuale non riesce dunque neppure a soddisfare in modo efficiente il fabbisogno di didattica.

Sarebbe dunque meglio distinguere, prevedere ruoli specifici, senza prospettive di carriera nella ricerca per la didattica di base, soprattutto in facoltà non economiche, evitando di usare la giustificazione dell'insegnamento per inserire nella carriera della ricerca chi non lo merita.
Maria Cristina Marcuzzo e Giulia Zacchia dimostrano su lavoce.info che una bassa percentuale degli economisti oggi in ruolo (associati e ordinari compresi) ha pubblicazioni sufficienti a soddisfare i criteri minimi che il consiglio universitario nazionale ha fissato per accedere alla carriera universitaria. Il lavoro della nostra commissione di conferma mette in luce come questa condizione senz'altro grave si perpetui se il meccanismo dei concorsi non è riformato al più presto. Per questo l'arresto della riforma rischia di diventare una grave opportunità persa dal paese.

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