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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2010 alle ore 09:02.
Stati Uniti e Gran Bretagna hanno altri punti in comune oltre alla lingua inglese: entrambi hanno registrato un'enorme espansione del credito alle famiglie; sono dovuti intervenire per salvare il loro settore finanziario; hanno guardato le loro banche centrali portare i tassi d'interesse fin quasi allo zero e adottare politiche di "espansione quantitativa"; e hanno sperimentato massicci incrementi del deficit pubblico a seguito della crisi. Ma ora le due sponde dell'Atlantico stanno imboccando due strade diverse. La coalizione al potere in Gran Bretagna oggi renderà noti i dettagli del piano di tagli alla spesa pubblica. Negli Usa non è in vista nulla del genere. Nelle sue ultime previsioni, l'Fmi ha sottolineato questa divergenza. Ma i mercati obbligazionari, almeno finora, non sembrano curarsene troppo.
Ci sono delle differenze visibili nell'esperienza dei due paesi nel dopo-crisi: gli Usa hanno registrato un calo del Pil più contenuto (una forbice del 4% fra massimo e minimo, contro il 6,4% della Gran Bretagna) e un incremento più marcato del tasso di disoccupazione (5 punti percentuali in più tra il 2007 e il 2010, contro il 2,5% della Gran Bretagna).
L'inflazione di fondo Usa è scesa più che in Gran Bretagna (0,8% da settembre 2009 a settembre 2010, contro il 2,9% di Londra), principalmente a causa dell'impatto della svalutazione britannica. Le due sponde dell'Atlantico sono però accomunate dal processo, lungo e sfibrante per l'economia, di deleveraging da dopo-bolla e risanamento dei conti pubblici. Sia l'economia britannica che quella americana stanno funzionando molto al di sotto della loro capacità produttiva. Entrambe devono scegliere tra i rischi per la ripresa sul breve termine provocati dal risanamento dei conti pubblici e i rischi per la credibilità creditizia sul lungo termine provocati dagli enormi disavanzi di bilancio. Sia Washington che Londra fanno affidamento sulla politica monetaria, ma Londra molto di più, considerando i tagli alla spesa che si profilano.
Ma allora perché c'è stata questa divergenza? Che impatto potrebbe avere? Fino a che punto le misure di espansione quantitativa potranno compensarne l'impatto? E infine, che insegnamenti possiamo trarre dal ruolo giocato rispettivamente dalla politica monetaria e dalla politica di spesa?