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Il congedo al papà fa bene al lavoro (delle mamme)

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2010 alle ore 06:38.

L'europarlamento ha approvato una proposta di riforma dei congedi parentali. La rivoluzione, per l'Italia, è sui padri. Si prevede un periodo di almeno due settimane di congedo obbligatorio per i padri alla nascita di un figlio, pienamente retribuito e non cedibile alla madre. Una misura simile esiste già in alcuni paesi europei. In Svezia c'è un congedo di paternità di 11 settimane (2 retribuite pienamente, 9 all'80% dell'ultimo stipendio); in Norvegia il periodo è di 8 settimane con un'indennità pari al 75% dello stipendio; in Spagna 15 giorni, che saranno estesi a 1 mese entro il 2012, con salario pieno. Nel Regno Unito ai papà sono riservate 2 settimane retribuite al 25% dell'ultimo stipendio; Austria, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Portogallo hanno congedi di paternità molto brevi (tra 0,4 e 1 settimana, pienamente retribuiti).

Anche il nostro paese ha iniziato a muoversi nei mesi scorsi in questa direzione, grazie alla proposta di legge di Alessia Mosca e Barbara Saltamartini, in discussione al parlamento, che prevede il papà a casa per quattro giorni alla nascita del figlio, obbligatoriamente e pienamente retribuito. La logica è la stessa, ma i 4 giorni della proposta italiana, anche se sono un passo avanti nella direzione indicata dall'europarlamento son ben lontani dai 15 giorni previsti dall'Europa. Al momento, comunque, non esiste niente di simile in Italia. Non stiamo parlando del congedo parentale italiano, che dà al padre la facoltà di prendere alcuni mesi di congedo dopo la nascita del figlio, remunerati al 30%, né del fatto che il congedo parentale si estenda, se è il padre a usufruirne per almeno 3 mesi. Qui si tratta di un periodo esclusivamente destinato al papà, remunerato al 100 per cento.

Perché è così importante questo periodo a casa per i papà? Ovunque, ma soprattutto in Italia?
Un congedo di paternità obbligatorio asseconderebbe il desiderio di quei padri che vorrebbero seguire più da vicino la crescita dei loro figli nei primi mesi di vita. Ma non solo. Avrebbe un duplice impatto positivo sull'occupazione femminile e la riduzione delle disparità di genere nel mondo del lavoro. Da un lato il congedo ai padri aiuterebbe a promuovere la cultura della condivisione della cura dei figli, delle responsabilità e dei diritti tra madri e padri. In un paese in cui i differenziali occupazionali di genere sono fortissimi e l'asimmetria tra uomini e donne nel tempo dedicato alla cura all'interno della famiglia è tra le maggiori nei paesi sviluppati, è importante parlare non solo di conciliazione di lavoro e famiglia per le madri, ma anche di condivisione delle responsabilità famigliari.

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Tags Correlati: Alessia Mosca | Barbara Saltamartini | Italia | Mercato del lavoro |

 

Dall'altro lato aiuterebbe a rimuovere la percezione che la maternità, nell'impresa, riguardi solo le donne e la prassi secondo cui il tema della gestione della maternità e dei costi organizzativi a essa associati debbano essere affrontati solo quando una dipendente diventa mamma, ma non quando un dipendente diventa papà. Le imprese cambieranno le loro aspettative su chi poter contare quando nasce un bambino, con conseguenze positive sulla parità di salari e carriere.
Diventare genitore è un momento cruciale nella vita personale di uomini e donne, ma se guardiamo alla vita lavorativa è un evento centrale solo per le mamme italiane e non per i papà. Il tasso di occupazione delle donne tra 20 e 49 anni senza figli è pari al 68%, con un figlio cade al 60,3% e con due figli al 53,7%, mentre per gli uomini osserviamo il contrario. Solo l'8% delle impiegate mamme è dirigente. Il 27,1% delle italiane occupate abbandona il lavoro dopo la maternità. Questa misura, almeno in parte, aiuterà a cambiare.

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