Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2010 alle ore 06:39.
Howard Gardner è troppo rigoroso per lasciarsi convincere a sostenere senza problemi che l'accostamento dell'arte al business fa bene all'una e all'altra attività. Lo psicologo – che insegna a Harvard e che ha proposto nel 1983, con enorme successo, la sua teoria delle intelligenze multiple – è l'ospite d'onore della manifestazione Art for Business, che parte oggi alla Triennale di Milano. Gli organizzatori lo hanno chiamato per approfondire la loro intuizione. E il professore si annuncia pronto a sfidarla. «Arte e business, d'accordo, ma in che senso? Con quale scopo?»
L'ipotesi di Art for business è chiara. Nell'epoca della conoscenza il valore è immateriale e il lavoro è soprattutto intellettuale: dunque l'arte che alimenta le sorgenti del senso e dell'identità diventa una fonte di ricchezza culturale che si traduce in ricchezza economica. Tutto giusto?
«L'accostamento di arte e business non è naturale» reagisce Gardner. Ed è una benevola presa di distanza. «Il problema, in psicologia, si pone osservando la dinamica del "trasferimento": cioè la possibilità di trasferire conoscenza e capacità da un settore a un altro». L'ipotesi delle intelligenze multiple insegna che il trasferimento non è banale. «Se so guidare un'auto, posso imparare abbastanza facilmente a guidare un camion. Ma non altrettanto a guidare un aeroplano». Le intelligenze diverse si applicano a settori diversi e non sono collegate, non sempre si rafforzano a vicenda.
E dunque conoscere l'arte può aiutare chi deve imparare a migliorarsi come imprenditore? O può aiutare a essere più creativi? Può alimentare la leadership? O il carisma? «Come ricercatore resto sempre affascinato dall'eccitazione che coglie gli imprenditori di fronte a un'esperienza artistica. Ma non posso affermare che sia un'esperienza profonda. Penso che per poter dire che un'esperienza artistica aiuta effettivamente l'imprenditore nel suo lavoro occorra una motivazione non banale».
In effetti, «una ricerca che abbiamo realizzato» dice Valeria Cantoni di Art for business «dimostra che la stragrande maggioranza dei fruitori di esperienze artistiche pensa che queste non abbiano una diretta relazione con il loro lavoro, ma che si limitino a generare un godimento estetico». E Gartner non se ne stupisce: le diverse intelligenze di per sé non si connettono facilmente. «Il problema è comprendere se ci può essere una connessione a livello più profondo» dice il professore.