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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2010 alle ore 10:20.
Dal punto di vista fiscale, come valutare l'operato del presidente Barack Obama? Ha ereditato la peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione, unitamente a un deficit di bilancio che - dopo più che necessari salvataggi in extremis e una serie di avventati tagli fiscali - già allora era vicino ai mille miliardi di dollari. Il suo pacchetto di stimoli e incentivi, congiuntamente a una struttura di protezione e supporto dell'intero sistema finanziario, a bassi tassi e a un alleggerimento quantitativo operati dalla Federal Reserve, hanno scongiurato un'ulteriore depressione. A Obama va altresì il merito di aver fatto imboccare agli Stati Uniti - unica tra le economie più avanzate - la strada di un effettivo supporto alla "crescita immediata", invece che quella dell'"austerity immediata".
Questa, a ogni buon conto, è soltanto una faccia della medaglia. Noi dobbiamo valutare i primi due anni del suo mandato in base alla sua effettiva capacità di anticipare ciò di cui l'economia avrà bisogno nell'immediato futuro. E da questo punto di vista il bilancio è di gran lunga meno positivo. Tenendo conto del probabile esito per la politica fiscale delle elezioni di martedì prossimo - la scadenza degli stimoli e dei trasferimenti esistenti, anche nel caso in cui sia mantenuta in vigore buona parte degli sgravi fiscali 2001-2003 - l'economia statunitense vivrà assai rapidamente un grave drenaggio fiscale nel momento stesso in cui invece necessita di un'ulteriore spinta. I fallimenti dell'amministrazione lasciano che tutto ciò ricada e faccia affidamento sulla Fed, propensa a ulteriori alleggerimenti quantitativi che verosimilmente saranno annunciati già mercoledì prossimo. Gli studi però dimostrano che essi avranno ben scarsi risultati sulla crescita statunitense nel 2011.
Se vivessimo in un mondo ideale, Obama sarebbe stato altresì in grado di muoversi speditamente verso le riforme, di avviare una riduzione della spesa per il diritto all'assistenza sociale, di impegnarsi nei confronti di provvedimenti che avrebbero potuto essere programmati con una certa gradualità. Si sarebbe altresì impegnato per aumentare alcune tasse di minore distorsione, come il corrispettivo dell'Iva e la Carbon Tax. Tutto ciò avrebbe ridotto il deficit fiscale e creato un clima nel quale nessun investitore si sarebbe preoccupato di ulteriori stimoli. Purtroppo, le cose non sono andate così. Anzi, adesso accadrà esattamente il contrario. La parola "stimolo" è già diventata una brutta parola, perfino nell'amministrazione Obama. E quando i repubblicani avranno ottenuto una significativa vittoria elettorale, procedere a nuovi stimoli sarà ancor meno probabile. Nel frattempo, il consolidamento a medio termine diverrà pressoché impossibile da perseguire, in quanto le elezioni presidenziali del 2012 iniziano a incombere.