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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2010 alle ore 08:31.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2010 alle ore 09:15.
Coraggio: a quanto pare siamo agli ultimi giorni di Pompei. Un regno che durava da tre lustri s'avvia al capitombolo finale, incalzato da fronde interne, avversari politici, procure giudiziarie, esponenti delle parti sociali. E noi? Contiamo i minuti che ci separano dal botto, e intanto ci interroghiamo sulle cause di questa disfatta repentina, proviamo a stendere un bilancio del lungo regno di Silvio Berlusconi, facciamo il conto del dare e dell'avere.
Errore: questo lavoro lasciamolo agli storici. Adesso abbiamo preoccupazioni ben più urgenti, e dobbiamo declinarle sul futuro, non sul passato. Qual è allora lo scenario più probabile nell'ipotesi, a sua volta sempre più probabile, d'elezioni anticipate? La marmellata, o se preferite l'insalata russa. Il tempo che stiamo attraversando presenta vistose analogie con gli anni di Tangentopoli: lo stesso stillicidio di scandali pubblici e privati, lo stesso sentimento collettivo di rifiuto verso gli oligarchi di partito, la stessa crisi economica che svuota le tasche agli italiani. Ma la storia non si ripete mai tal quale, diceva Carlo Marx: torna come tragedia, e la volta dopo come farsa. Se non ci attrezziamo per affrontare l'eruzione del vulcano, la tragedia trasformerà in farsa la stessa democrazia italiana.
Per quale ragione? Non tanto perché Berlusconi venderà cara la pelle: è un suo diritto, forse anche un dovere davanti ai suoi elettori. Quanto perché non si scorge all'orizzonte né un leader né un partito in grado di replicare il successo di Forza Italia nel 1994. I sondaggi sono eloquenti: il Pdl frana, il Pd non avanza, il polo di centro in via di costruzione - bene che vada - toccherà il 15 per cento. L'unico partito con il vento in poppa è quello del non voto: alle elezioni regionali ha raggiunto il 40%, sommando alle astensioni le schede bianche e nulle. Di questo passo la volta prossima supererà la maggioranza assoluta, delegittimando il Parlamento. E il Parlamento italiano finirà per somigliare alla Dieta polacca del 1991, con una trentina di partiti accalcati al tavolo. Ammesso che si mettano d'accordo, finiremmo per rimpiangere l'ultimo governo Prodi, quello con 103 poltrone e con una coalizione ballerina di 11 partiti.