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La mia Gomorra può sperare negli immigrati

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 08:41.
L'ultima modifica è del 12 novembre 2010 alle ore 06:39.

Gomorra è diventata la fotografia dell'Italia del presente in tutto il mondo. Ma come t'immagini Gomorra nel 2050?


Difficilissimo. Ho, devo dire, una forte speranza per tutta una serie di dinamiche, quindi non una speranza così, romantica, che viene dal cuore. Questa è una speranza che viene dalle tempie. Sto notando, ad esempio, che nel Sud Italia le due grandi rivolte contro la criminalità organizzata sono state fatte dagli africani. Sì, certo, c'è la società civile che s'impegna, certo ci sono le associazioni, ma sono minoranze. Invece la gran parte della comunità africana a Castel Volturno e a Rosarno, in Calabria, hanno deciso di dire di no alle organizzazioni criminali, non per un motivo morale ma perché la loro vita, il loro sogno di vita - ancora più importante - entra in contraddizione con gli ordini della criminalità organizzata. Cioè: continuare a vivere in baracca, continuare a non poter avere diritti elementari come l'ospedale, come essere pagati a giornata e non a cassetta di pomodoro. Questi gli ordini della criminalità organizzata, che accetta la loro presenza solo a queste condizioni. Loro invece sognano una casa, la possibilità di avere diritti, la possibilità di mandare i figli a scuola e quindi devono combattere la criminalità organizzata. In più c'è l'emigrazione: gli italiani vogliono andare via da questi posti. Tra l'altro posti, non è secondario, meravigliosi ma aggrediti dal cemento, dalla cattiva gestione del territorio. Comunque vanno via questi italiani e arrivano gli africani, che da quel territorio non vogliono scappare ma anzi sentono sempre più proprio: ci nascono i figli, sacrificano gran parte della loro vita per lavori spesso durissimi e quindi sentono che quel territorio è loro. Allora come mi immagino? Immagino che la grande occasione che ha l'Italia del Sud, prima ancora della Francia, prima ancora della Spagna, prima ancora della Germania, sarà quella di avere città multietniche, nel senso che Castel Volturno sarà scuramente la prima città africana d'Europa. Sarebbe meraviglioso pensare il primo sindaco africano d'Europa, ma sono certo che questo accadrà. Non può che accadere. D'altro canto c'è anche una grande paura: cioè che queste organizzazioni stanno arrivando sempre di più a essere multinazionali che determinano - per esempio - le politiche finanziarie delle banche. La crisi ha fatto aprire in qualche modo le grandi banche europee ai capitali del narcotraffico, che sono i grandi capitali che hanno ancora liquidità. E quindi la paura che potremmo trovarci di fronte a grandi istituti di credito che decidono di appoggiare quello piuttosto che quell'altro gruppo imprenditoriale, condizionati dalla criminalità organizzata. E in ultimo, pensando a Gomorra tra molto tempo, credo che il grande contrasto sarà possibile farlo non più con la denuncia del singolo cittadino coraggioso, non più con - spesso - l'isolamento del testimone di giustizia o il pentito. La grande futura possibilità di contrasto sarà data da un web consapevole, non un web ciarlatano. Cioè la capacità di fare immediatamente conoscenza della dinamica; svelare una dinamica mafiosa significa creare già l'anticorpo. Solo che per svelarla non puoi raccontarla a poche persone, ma a molte persone. E credo che in questo il web, le nuove generazioni, possano in qualche modo essere il futuro del contrasto.

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Tags Correlati: Africa | America | Asia | Calabria | Castel Volturno | Spagna | Sud

 


Sei stato il primo che ha raccontato la mafia globale: il porto di Napoli, l'arrivo dei container, la scoperta della globalizzazione, la Cina. Come si muove la malavita organizzata in questo mondo? L'Europa invecchia, l'Asia invecchia, l'Africa e l'America restano invece i due continenti invece ancora giovani.
Quello che, diciamo, percepisco è che sta accadendo da molto tempo, almeno negli ultimi dieci anni, uno strano parallelo tra densità abitativa e criminalità organizzata. Faccio un esempio: i messicani sono sempre stati considerati, all'interno della storia della criminalità organizzata tutto sommato minori, cioè comunità criminali che lavoravano per la vera criminalità, che era quella colombiana per esempio, quella italiana o italoamericana. Tutto sta cambiando per moltissime ragioni: la prima è che interi quartieri diventano i loro fortini, la loro fabbrica, mentre prima controllare un territorio poco abitato era più complicato, si dovevano investire più risorse. Questo significa che Cina, Messico, alcune grandi capitali africane saranno i poli dell'economia criminale e sempre meno dell'economia legale. La speranza è questa: oggi per capire il mondo bisogna andare a Città del Messico e a Lagos, molto di più che andare a Roma o a Madrid o New York. Anche perché le nuove generazioni, quelle più colte che riescono ad accedere alla conoscenza, comprendono il movimento dei mercati, comprendono i talenti, comprendono le nuove idee con più velocità di un americano, di un italiano, di un francese. Come sempre laddove c'è la maggior sofferenza, lì nasce il talento per affrontarla se non per risolverla. E quindi, sarà un po' fantascienza, ma io immagino enormi movimenti di uomini il cui destino sarà o nelle mani della criminalità o nelle mani di un grande, come dire, sogno di collaborazione. Cerco di essere più chiaro: se gli africani si spostano verso l'Europa e troveranno una Castel Volturno - ritorno al mio territorio - con un sindaco africano c'è speranza che siano risorsa. Se si muovono e troveranno, come è oggi a Castel Volturno, i capi del clan dei Casalesi, diventeranno petrolio per il motore criminale.

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