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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2010 alle ore 07:45.
L'ultima modifica è del 17 novembre 2010 alle ore 08:43.
Mentre l'Unione Europea cerca di costringerlo ad accettare il suo pacchetto di aiuti, il governo irlandese sembra essere pressoché incapace di vendere i propri debiti sul mercato, destino sperimentato anche dalla Grecia la primavera scorsa. A breve la Ue porrà rimedio alle cose, tramite un salvataggio temporaneo in extremis dell'Irlanda, proprio come ha già fatto nel caso della Grecia. È verosimile che la stessa cosa debba ripetersi anche per il Portogallo. In ogni caso, finalmente, la Ue pare aver preso atto del fatto che innescare un processo di questo tipo - che mette le perdite delle banche private a carico dei bilanci della spesa pubblica - potrebbe lasciare insolventi i governi. In parole povere, gli irlandesi si stanno avviando sulla strada dell'insolvenza. Pertanto, molto presto si renderà necessaria una ristrutturazione del debito pubblico. La domanda è: come sarà condotta questa ristrutturazione?
Finora la Ue ha giustificato i finanziamenti d'emergenza partendo dal presupposto che è priva di un meccanismo legale di ristrutturazione del debito. In virtù di un simile processo, attualmente all'esame della Ue, noto come bail-in, i detentori di debito sovrano nel settore privato si accollerebbero le perdite prima dell'intervento di soccorso da parte del governo.
Di qualcosa di simile si discusse già tra il 2001 e il 2002, quando l'Fmi propose un meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano (Sovereign debt restructuring mechanism, Sdrm) nei mercati emergenti insolventi, per decidere quali detentori del debito dovessero essere pagati e quanto dovessero ricevere. La loro esperienza però dimostrò che la ristrutturazione può aver luogo utilizzando lo strumento tradizionale di un'offerta di scambio dei bond, nel quale il debito sovrano è scambiato con altri asset.
Le offerte di scambio attuate prima di un default ufficiale sono state utilizzate come un metodo pratico per uscire dalle recenti crisi debitorie in Pakistan, Ucraina, Uruguay e Repubblica Dominicana. Anche Argentina, Russia ed Ecuador hanno fatto ricorso a questa tecnica, quantunque ciascuno di questi paesi abbia atteso, prima di fare la propria offerta, di risultare ufficialmente insolvente. La Ue dovrebbe studiare attentamente questi casi.