Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2010 alle ore 08:09.
Sei mesi fa, all'ultimo vertice tra Stati Uniti e Unione Europea di Madrid, Barack Obama non si presentò. L'Europa si sentì snobbata dal giovane presidente e iniziò a sospettare che Obama non fosse quel gran ricucitore dei rapporti transatlantici che il mondo attendeva dopo gli otto tormentati anni di George W. Bush. Sabato, a Lisbona, Obama invece ci sarà e, per usare la celebre definizione di Bob Kagan, continuerà suo malgrado a rappresentare quella parte di mondo che proviene da Marte in un contesto europeo più decisamente ancorato a Venere.
L'impegno a ridurre le testate nucleari (trattato Start con la Russia), nonostante le scaramucce dei repubblicani al Senato, non si discosta dalle analoghe e più consistenti riduzioni post Guerra Fredda avviate da Bush senior e continuate da Bush jr.
Le sfide internazionali di Obama sono altre, a cominciare dalla questione israelo-palestinese. I dossier che dall'11 settembre in poi hanno lacerato le relazioni con la vecchia e la nuova Europa sono ancora sul tavolo: gli interventi militari in Medio Oriente, la guerra antiterrorismo, Guantanamo, i sequestri clandestini della Cia, la corte penale Onu.
La data del ritiro dall'Afghanistan non è più il 2011, come aveva lasciato intendere la Casa Bianca al momento del surge che ha triplicato il numero delle truppe americane. Ora Obama ha il problema di ritardare, se non di evitare, la pericolosa smobilitazione di quasi tutti i paesi alleati (Gran Bretagna e Italia escluse). Il summit dell'Alleanza atlantica di Lisbona sancirà l'impegno a restare a Kabul fino al 2014, ma tra gli uomini Nato in Afghanistan c'è chi spiega che la data «non è garantita». La transizione potrebbe continuare ancora «nel 2015, oppure oltre». Obama, inoltre, ha esteso la guerra al Pakistan, sul cui confine negli ultimi 10 giorni i droni Cia hanno lanciato cinque missili che hanno ucciso 44 talebani.
L'agenda di politica estera non è tra le più semplici per un presidente che cerca un successo internazionale per compensare la sconfitta di metà mandato e dedicarsi interamente all'economia per recuperare consenso interno. Obama pensava di riuscirci con il viaggio in Asia, iniziato il giorno successivo alle elezioni di metà mandato. Ma quella visita, con l'eccezione del consolidamento dei rapporti con l'India, è stata un semi-fallimento per il rifiuto del G-20 di accogliere la sua proposta di premere sulla Cina perché rivaluti lo yuan, per il rimbrotto alla politica monetaria volatile della Federal Reserve e per il mancato accordo di libero scambio con la Corea del Sud.