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Commenti e Inchieste

Gli italiani e i rom: quale strada per la convivenza?

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2010 alle ore 08:57.

Questa è la testimonianza di oggi e sentiremo che reazioni solleciterà nei prossimi giorni. Di certo solleva un problema: come vivere nelle nostre città, insieme e senza violenza per nessuno.

Gentile direttore, sono una mamma milanese, abito al quartiere Feltre, ho tre figli, una libera professione che m'impegna molto, un marito, una casa. Oggi, insieme ad altre mamme e maestre del mio quartiere, festeggerò in maniera speciale questa data, da tutti conosciuta come la Giornata dei diritti dei bambini, perché è l'inizio della storia che qui racconto. Tutto nasce due anni fa nel campo rom di via Rubattino, una vera e propria favela cresciuta e autorganizzatasi in un ex centrale Enel abbandonata, nella nostra zona. Le famiglie di rom romeni sono molte, moltissimi i bambini in età scolare che a scuola non vanno. Vista la stabilità del campo, la Comunità di Sant'Egidio prende l'iniziativa e iscrive una decina di bambini nelle tre scuole della zona: le scuole primarie Toti, Morante e Munari.
Per i bambini è la prima volta nelle scuole dei "gagè", sconosciuti e temuti. Per le famiglie italiane del quartiere è il primo incontro con i bimbi rom e con le loro famiglie, altrettanto sconosciute e temute. Questa semplice esperienza sovverte subito i pregiudizi. I bambini rom hanno nomi, storie, sorrisi e dopo qualche mese si sentono parte dell'esperienza scolastica legandosi alle classi e alle maestre. In seconda con mia figlia arrivano due gemelline, Cristina e Florina. Alla recita di Natale di quel primo anno scolastico le vedo felici ed emozionate sul palco che richiamano l'attenzione dei loro genitori mentre cantano. L'anno scolastico si conclude, i bambini sono ben inseriti. I genitori rom arrivano a prendere le pagelle a scuola eleganti e rispettosi. L'anno scolastico successivo inizia con molti altri bambini rom che vengono a scuola: nelle tre scuole ce ne sono una trentina. Sono arrivati fratellini e cugini. La scuola è un bel posto. Ma nel novembre scorso arriva lo sgombero della favela dove ormai vivono quasi 300 persone.
Quel mattino sono in studio, so dello sgombero. Apro le pagine online dei quotidiani milanesi e iniziano a scorrere sotto i miei occhi le foto. Vedo Cristina e Florina, gli occhi coperti dalla striscetta nera, piangenti accanto alla loro mamma, con gli zainetti di scuola in spalla. Per un mese 70 bambini, alcuni piccolissimi, e le loro famiglie vivono dormendo per strada, ovunque, qui in zona, senza neanche più il tetto di una baracchina sulla testa. Molti spariscono per mesi. A scuola non viene più nessuno di loro per settimane. Molte famiglie vengono ospitate nei giorni più freddi dai compagni di classe italiani e dalle maestre. Nei mesi successivi abbiamo lavorato per ricucire il più possibile di questa esperienza frantumata e per sostenere le famiglie dei bambini che a fatica e con tenacia sono tornati a frequentare le nostre scuole. Con l'appoggio del Gas Feltre, un gruppo di acquisto di zona, e di Intergas, genitori e maestre hanno ideato un'iniziativa di raccolta fondi per sostenere con borse di studio e lavoro le famiglie di questi bambini: la vendita del vino R.O.M. (Rosso di Origine Migrante) messo a disposizione da un viticoltore toscano. Il vino R.O.M. ha incontrato tantissima solidarietà e le sottoscrizioni hanno consentito di approntare le prime borse lavoro e borse di studio.

L’articolo continua sotto

Napoli

Disegno di Domenico Rosa

Tags Correlati: Andrea Sillioni | Bianca Zirulia | Comunità di Sant'Egidio | Enel | Gas Feltre | Italia | Lorenzo Tajè | Mario M. Sfligiotti | Morante | Munari | Scuola e Università | Toti

 

Durante quest'anno, con le nostre poche forze di semplici cittadini, il nostro poco tempo e i pochi soldi raccolti abbiamo coinvolto circa dieci famiglie rom di bimbi che vengono nelle nostre scuole in percorsi di reinserimento lavorativo (tre papà e una mamma), ripresa di percorsi scolastici (tre fratelli adolescenti frequentano "scuole bottega" dove imparano un lavoro), uscita dal campo di quattro famiglie che sono riuscite ad andare a vivere in casa. Sono una mamma milanese come tante altre, che un anno fa, insieme a un manipolo di genitori e maestre di buona volontà si è detta intimamente «io no» davanti all'espulsione di bambini poveri da scuola, l'unica possibilità per loro di un futuro diverso. Mi guardo indietro e quasi incredula vedo quanta strada abbiamo fatto tutti insieme quest'anno.
Bianca Zirulia
Milano

Le belle notizie
Gentile direttore, mi inserisco nel secco "botta e risposta" tra Lei e il lettore Andrea Sillioni (sul Sole di ieri) schierandomi senza esitazione alcuna dalla parte del lettore. Forse sono un po' idealista e certamente pecco di ingenuità, ma a me non dispiace l'idea di un orientamento "verso il positivo" dei mezzi d'informazione. Mi dicono che da qualche parte in Svizzera (sarà poi vero? sempre e solo all'estero?) ci sono giornali a diffusione locale la cui missione è quella di diffondere notizie buone.
Mario M. Sfligiotti
Milano

Allora le piacerà la serie dell'Italia che funziona che, magari per tirare su il morale a noi stessi, abbiamo lanciato.

Tutti contenti? Impossibile
Gentile direttore, come sarebbe bello poter accontentare tutti. Per una volta però, sia l'opposizione che il nostro Capo dello Stato, invece di indicare a chi devono essere dati i fondi, dovrebbero dire a chi dovrebbero essere tolti. Penso che il ministro delle Finanze ne sarebbe felice.
Lorenzo Tajè
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