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Questo articolo è stato pubblicato il 21 novembre 2010 alle ore 15:58.
L'ultima modifica è del 21 novembre 2010 alle ore 15:58.
Fino a qualche decina d'anni fa, per prendere di petto il tema proposto dal saggio Teologia e biologia di Gabriele Scalmana (Morcelliana, Brescia, pagg.254, euro 16,50) sarebbero bastate, a livello apologetico, alcune battute incontrovertibili e inoppugnabili come questa di Alexander Oparin presente nel suo testo sull'Origine della vita sulla terra (Einaudi 1956): «Una cassa di caratteri tipografici, buttata all'aria, può ricomporsi da sola in una raccolta completa delle opere di Shakespeare?».
Oppure si citava il famoso astronomo britannico Fred Hoyle (1915-2001) che si interrogava sull'improbabilità estremamente insuperabile che «una tromba d'aria, spazzando un deposito di robivecchi, producesse un Boeing 747 perfettamente funzionante».
Che le cose siano più complicate di queste, ma anche delle battute antitetiche dei cultori del "Caso" alla Monod o del replay della vita prospettato da Stephen Gould nella celebre parabola della Wonderful Life, il noto saggio del 1991, appare proprio in questo scritto chiaro e didascalico su uno dei nodi più delicati e fin paradigmatici attorno ai quali s'avvinghiano il sapere scientifico e quello teologico.
Sì, perché anche la citatissima dichiarazione di Monod, secondo il quale «l'universo non stava per partorire la vita, né la biosfera l'uomo, per cui il nostro numero è uscito dalla roulette, proprio allo stesso modo di colui che ha appena vinto un miliardo», non è altrettanto sufficiente a tagliare con un colpo di spada il nodo gordiano che intreccia scienza e fede. Ecco, allora, la necessità di un paziente itinerario lungo il quale l'una e l'altra, camminando sui due bordi distinti della strada, s'interpellano, si confrontano, si provocano, duellano e duettano. A scanso di equivoci, diciamo subito che Scalmana è, sì, un biologo, ma possiede un'attrezzatura ideale di taglio religioso, e qui si è collocato sul versante teologico senza essere mai integralisticamente sprezzante o complessato nei confronti del collega che sta sull'altro ciglio della via, anche perché rispetta il rigore, la competenza e la specificità del diverso magistero del collega. Vogliamo alludere ovviamente – risalendo ancora al citato Gould – al ben noto acronimo Noma dei «Non Overlapping MAgisteria», ossia dei "non sovrapponibili" statuti epistemologici e modelli cognitivi della scienza e della teologia.