Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 08:04.
Nei prossimi anni il nostro paese dovrà compiere uno sforzo di finanza pubblica importante per raggiungere un livello di surplus primario sufficiente a consentire una riduzione progressiva del debito pubblico. Poiché partiamo da un surplus primario vicino a 0 oltre che da un indebitamento netto del 5% del Pil, l'aggiustamento richiesto può essere valutato compreso tra i 2,5 e i 4 punti di Pil a seconda del tasso di crescita dell'economia.
Nella tabella allegata sono esposti dei dati che meglio ci fanno comprendere la portata del problema e la difficoltà di una sua soluzione. Coprono il periodo 1980-2008 e evidenziano all'interno del bilancio pubblico tre settori: quello della spesa per consumi e investimenti pubblici, a fronte della quale vengono posti i proventi delle imposte (pressione tributaria); il settore finanziario (interessi attivi meno interessi passivi); e il settore previdenziale-assistenziale al cui finanziamento sono destinati contributi sociali.
Si possono evidenziare alcuni risultati rilevanti: a) la spesa per consumi e investimenti pubblici è oggi (2008) delle stesse dimensioni che nel 1980 (26% circa del Pil, 22% circa i consumi pubblici) il che significa che negli ultimi 30 anni le risorse destinate ai servizi pubblici non sono aumentate. b) Le imposte non rappresentano una quota elevatissima del Pil: 29%, ma dal 1980 sono cresciute di ben 12 punti percentuali, di cui oltre la metà è oggi destinata ad altre e diverse utilizzazioni rispetto al finanziamento dei servizi pubblici. Ciò conferma la sensazione dei contribuenti di pagare troppe tasse rispetto ai servizi ricevuti in cambio. c) Il peso elevato degli interessi passivi sul bilancio pubblico è una costante per tutto il periodo. d) Il saldo del settore previdenziale passa da +2 a quasi -4 punti percentuali di Pil, soprattutto a causa dell'aumento della spesa pensionistica, mentre i contributi sociali sono rimasti pressoché costanti al 12-13% del Pil.
Poiché le voci di spesa riportate ai punti C e D della tabella non possono essere oggetto di tagli diretti, e poiché la voce F (cioè la spesa finanziata in disavanzo) dovrà essere sostanzialmente azzerata, e poiché nessuno ritiene possibile o chiede di aumentare le imposte, l'unica voce su cui si può intervenire è quella per i consumi pubblici che rappresenta circa il 20-23% del Pil.