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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 06:38.
Tra ieri e oggi è previsto che su Firenze cadano 150 millimetri d'acqua. Appena 40 in meno dei 190 millimetri piovuti in occasione dell'ultima alluvione, quella del 4 novembre 1966. Per il metereologo del Cnr, Giampiero Maracchi, da almeno una settimana ci sono le premesse perché possano ripetersi le drammatiche condizioni di 44 anni fa, quando l'Arno in piena superò gli argini e sommerse il capoluogo toscano sotto una fanghiglia violenta e vorticosa prima, poi stagnante e putrida, uccidendo 37 persone, devastando opere d'arte, seminando morte e terrore anche nelle campagne sopra e a valle della città.
A distanza di così tanto tempo, la fragilità di Firenze rispetto alla furia periodica del suo fiume (dal 1177 ha esondato 56 volte, otto delle quali in maniera disastrosa) non è migliorata di molto. Fortuna che, tra venerdì e domenica, è calata la temperatura e sull'Appennino è nevicato, riducendo la quantità d'acqua finita nel bacino dell'Arno. «L'allarme però resta», avverte Maracchi. La situazione si manterrà critica, secondo le previsioni, almeno fino all'8 dicembre.
Ancora una volta, i fiorentini dovranno affidarsi soprattutto alla buona sorte. Nessuna opera strategica a protezione della città è stata realizzata, a parte la diga di Bilancino, nel Mugello, che però è sulla Sieve (affluente dell'Arno) e serve più a lenire la sete estiva di Firenze che a scongiurare rischi di piena. Nel tempo, ci sono stati anche interventi di manutenzione sull'alveo del fiume e qualche modesto accorgimento per dare sfogo alle acque nel Valdarno aretino e in quello pisano. Ma è poca cosa. L'Autorità di bacino, nata solo nel 1989, ha predisposto un piano di rischio idraulico che a fine anni 90 stimava una spesa di 2.500 miliardi di lire per la messa in sicurezza di tutto il corso del fiume. Utopistico.
Nel 2005, un accordo regione Toscana-ministero dell'Ambiente ha individuato 27 interventi prioritari per la gestione del rischio alluvioni, con un costo previsto di 290 milioni in questo momento. «Abbiamo in corso cantieri per 46 milioni e una disponibilità in cassa di 123 milioni: sarei contenta di vedere il piano completato entro il 2020, sempre che strada facendo si trovino i fondi mancanti», commenta Gaia Checcucci, da due anni segretario generale dell'Autorità di bacino, sotto la cui guida l'azione dell'ente ha preso nuovo impulso. «Una cosa deve essere chiara - aggiunge - eliminare il pericolo di altre alluvioni non è fattibile, possiamo realisticamente gestire il rischio ed è quello che stiamo cercando di fare, ma nessuno s'illuda di essere definitivamente al riparo da questo genere di eventi naturali».