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Fli, Udc e Api sfiduciano Berlusconi: si dimetta prima del 14 dicembre. La replica: irresponsabili

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 07:40.

ROMA - Escono dallo studio del presidente della Camera tra sorrisi e strette di mano, pronti per la foto che scatta il primo atto politico del terzo polo: la mozione di sfiducia contro Silvio Berlusconi. "Il premier si dimetta prima del 14, apra una fase nuova e non si faccia logorare", ecco l'ultimatum che Gianfranco Fini, Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli – con l'Mpa e i liberaldemocratici di Tanoni – lanciano al premier al termine del loro vertice dove hanno messo a punto la mozione facendo scattare il conto alla rovescia per il 14 dicembre

Le loro prime parole raccontano di una sintonia "ampia e totale", come dice il leader di Api, ma in realtà la mozione di sfiducia è per loro, ormai, un atto obbligato. Dopo essersi spinti così avanti nel chiedere le dimissioni del premier non possono più fare marcia indietro né, tantomeno, votare la mozione di sfiducia del Pd che gli darebbe il marchio di "traditori" e "ribaltonisti".

L'obiettivo è, dunque, costringere Silvio Berlusconi a un passo indietro ma anche stringere d'assedio Pdl e Lega che, numeri alla mano, non sono più maggioranza. Lo dice chiaro Carmelo Briguglio quando suggerisce al premier una via d'uscita magari per un Berlusconi bis: «Un premier sfiduciato, poi, non può più essere riproposto o riavere la fiducia: Berlusconi vada al Quirinale e si dimetta prima».

Questo è lo scenario che gli prospetta il terzo polo che ieri si è presentato al completo: Fini ha infatti visto anche Luca Cordero di Montezemolo, uno dei protagonisti della nuova forza, mentre da Beppe Pisanu, molto gettonato per guidare un nuovo governo, è arrivato un suggerimento al premier: «È una proposta che va valutata con attenzione», ha detto riferendosi a quella del terzo polo.

Ma da Astana, il presidente del Consiglio fa sapere che continuerà a lavorare e bolla i firmatari della mozione come «irresponsabili». Una versione opposta è quella che si legge nel comunicato congiunto di Fini-Casini-Rutelli che si autoproclamano «area di responsabilità politico-istituzionale». E dettano le prossime mosse: «I deputati di Udc, Fli, Api, Mpa, Libdem, La Malfa e Guzzanti del gruppo misto, convengono sulla necessità di assicurare al Paese un governo solido e sicuro, in grado di affrontare la seria crisi economico-sociale e di evitare un dannoso ricorso alle urne».

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Tags Correlati: Angelino Alfano | Api | Carmelo Briguglio | Francesco Rutelli | Lega | Luca Cordero di Montezemolo | Movimento per l'Autonomia | Partiti politici | Pd | PDL | Pier Ferdinando Casini | Roberto Maroni | Silvio Berlusconi | Udc

 

Insomma, Casini e Fini giocano l'ultima arma contro il premier per allontanare il voto creando una maggioranza alternativa in grado di votare un nuovo governo magari guidato da Gianni Letta. E in mattinata avevano sorpreso, e molto, le parole di Roberto Maroni dopo le votazioni sul decreto sicurezza: «Oggi si è vista una nuova maggioranza». Le parole del ministro dell'Interno sono subito state interpretate come il segno di un primo smarcamento della Lega dal premier magari per sostituirlo con Giulio Tremonti. Un'ipotesi che non dispiace al terzo polo se perfino Bruno Tabacci, non propriamente un fan del ministro, ieri ne parlava bene auspicando una sua permanenza. In realtà in serata è arrivato lo stop della Lega: «Fini fa un grave errore politico», diceva Marco Reguzzoni mentre Angelino Alfano smentiva dimissioni di Berlusconi: «Non lo farà».

Intanto, le trattative tra Pdl e finiani continuano. Prova ne sono anche le perplessità delle colombe di Fli come ammette Giuseppe Consolo: «Nella riunione c'è stata una discussione. Se oggi voterei la sfiducia? Aspettiamo il 14», diceva dopo il summit dei finiani. È lì che di nuovo sono emerse differenze tra i futuristi, alcune solo accennate, altre invece palesate pubblicamente come quella di Giampiero Catone che si è sfilato dal gruppo in aperto dissenso sulla sfiducia mentre Catia Polidori si dice perplessa. E molti nel Pdl continuano a puntare sulle divisioni in attesa della sfida del 14 dicembre.

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