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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 06:38.
Gentile direttore, capisco che le regole del marketing editoriale richiamino alla discrezione, ma non può anticipare a un lettore che ha in casa se non tutte, almeno svariate annate del Domenicale, che novità ci avete preparato per il 5 dicembre? Così che noi fedelissimi possiamo almeno vantarci un po' con gli amici della preview. Siamo uomini di cultura, ma anche curiosi!
Massimo Sovrani
Vimercate (MI)
Caro Sovrani, in realtà avevo già annunciato parecchie novità in un articolo di qualche mese fa, parlando del giornale di Harry Potter. Vale a dire una magia capace di fondere la tradizione, il nostro Domenicale che da anni ormai è riferimento di chiunque segue le idee e la cultura, con il futuro, le tensioni, le speranze, i progetti che animano le migliori energie del XXI secolo. Siamo andati a ricercare la prima pagina del Domenicale, di quasi trent'anni fa, 4 dicembre 1983. Sa a che cosa era dedicata? Alle "idee per il futuro", provava a scandagliare che cosa ci avrebbero riservato tecnologia, politica, economia, arte, cultura. E non era un articolo "italiano"! Era un copyright, traduzione di un ottimo reportage della rivista francese Le Nouvel Observateur. Come vede il nostro genoma non muta, oggi come ieri la cultura del Domenicale resterà "cutting edge", acuminata, di frontiera, aperta al mondo e cosmopolita, per contrastare il pigolio petulante delle polemiche, dello strapaese, delle botteghe asfittiche di cicisbei e faziosetti. Persuasi che, come diceva il più soave dei filosofi, Spinoza, piangere e ridere servano a capire, che anche le emozioni siano cultura ma che soprattutto, come ha scritto pagina dopo pagina quel nostro fratello dolce che è Montaigne, prendersi troppo sul serio ci chiuda prima gli occhi con la vanità, poi il cervello con l'ignoranza e infine il cuore col cinismo.
Il Granduca e la pena di morte
Gentile direttore, il 30 novembre è stato un anniversario importante, che pochi hanno ricordato. Nel 1786, infatti, il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo abolì, primo al mondo, la pena di morte, affermando che ai fini della «correzione del Reo figlio anche esso della Società e dello Stato, della di cui emenda non può mai disperarsi» lo Stato «è tenuto sempre a valersi dei mezzi più efficaci col minor male possibile al Reo», con «la possibile speranza di veder tornare alla Società un Cittadino utile e corretto». Un primato italiano di civiltà e umanità che le giovani generazioni hanno il diritto di conoscere.