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L'agenzia del debito Ue non riscalda i mercati

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2010 alle ore 08:00.

Un'agenzia del debito europea emette E-bond per migliaia di miliardi, dando vita a un mercato dei titoli di stato in euro estremamente liquido, armonizzato, standardizzato e con un merito di credito unico per gli stati europei. Troppo bello per essere vero: questa non è Euroland ma Wonderland. La realtà è diversa: non esiste unione fiscale, un budget federale è ancora un miraggio e la zona dell'euro è ripartita tra stati periferici che spendono troppo e stati "core" che non intendono pagare il conto di quelli meno virtuosi.

La nascita adesso dell'Eda è prematura e quindi irrealizzabile tra stati non disposti a cedere sovranità nazionale. Ma è anche un traguardo auspicabile.
I mercati hanno accolto così ieri, con una rassegnata alzata di spalle, la proposta avanzata dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti e dal presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, favorevoli alla fondazione a tamburo battente di un'agenzia del debito europea (Eda) emittente di E-bond. Gli investitori più realisti hanno reagito con scetticismo perché il progetto è privo di dettagli fondamentali, soprattutto sulle modalità di raccordo tra l'entità degli E-bond e il fabbisogno dei singoli stati finanziato con queste emissioni. Altri hanno criticato il meccanismo dello scambio tra i vecchi titoli e gli E-bond, sostenendo che se per i periferici è previsto uno sconto per i core non ci sono vantaggi tangibili. «L'agenzia aumenta il costo della raccolta per i paesi core», ha tagliato corto il Crédit agricole. Eda ed E-bond precorrono i tempi, dunque, ma per il mercato sono il punto di arrivo dell'Ue.
«La proposta di un'agenzia del debito europeo che emette E-bond è un fatto positivo e sarebbe auspicabile che si potesse realizzare – sostiene Gregorio De Felice, chief economist di Intesa San Paolo -. In linea di principio crea un mercato dei titoli di stato europei estremamente liquido, potenzialmente più di quello Usa. Ma mancano ancora troppi dettagli importanti per poter sollevare l'entusiasmo dei mercati, che infatti non c'è stato: come funziona la copertura del 50% dei fabbisogni dei rispettivi paesi con le emissioni di questi E-bond? Chi paga per i paesi meno virtuosi?». Secondo De Felice, la proposta può funzionare «solo nel momento in cui si rafforzano i controlli preventivi sui deficit pubblici. Per questo dovrebbe andare di pari passo con una stretta forte sulla disciplina di bilancio, per evitare l'azzardo morale soprattutto nei casi in cui si prevede l'intervento dell'agenzia del debito Eda per finanziare il 100% del fabbisogno di uno stato europeo».

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Tags Correlati: Eda | EFSF | Gilles Moec | Giulio Tremonti | Gregorio De Felice | Intesa Sanpaolo | Jean-Claude Juncker | Mercato unico europeo |

 

La pensa così anche Gilles Moec, co-responsabile all'European economics research di Deutsche Bank, secondo il quale la priorità andrà data alla disciplina di bilancio: «il mercato è in attesa di una soluzione e qualsiasi soluzione permanente viene accolta positivamente. In linea di principio Eda e l'emissione degli E-bond affrontano il problema delle dimensioni dell'EFSF ma allo stesso tempo potrebbero diluire le responsabilità a livello nazionale: questo è quello che temo e che teme anche il mercato. Solo l'unione fiscale può fare da corollario agli E-bond». Moec sostiene che avrebbe un senso finanziare un budget federale con titoli di stato europei. «Ma non c'è ancora un'unione fiscale nell'eurozona e quindi questo tipo di soluzione è prematura. una "quasi" unione fiscale non basta». Il meccanismo di scambio a sconto proposto da Tremonti e Juncker «introduce un elemento di disciplina per i paesi periferici ma minore penso sia il vantaggio per i paesi core», afferma convinto. Secondo Moec il problema delle dimensioni dell'EFSF può essere risolto in altri modi: «può essere aumentato con le entrate dall'Iva. La base imponibile dell'Iva nell'euroarea è di circa 6.500 miliardi di euro all'anno. Basterebbe trasferire all'EFSF l'1% all'anno, 65 miliardi, per quattro anni di seguito per potenziarlo di 250 miliardi, l'attuale entità delle garanzie fornite dai paesi con rating AAA».

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