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No tedesco all'agenzia sui bond

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2010 alle ore 08:01.

In Italia si guadagna il plauso anche dell'opposizione, ma in Europa i tempi non appaiono ancora maturi, almeno a giudicare dalle prime reazioni. La proposta che il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, e il presidente dell'eurogruppo, Jean Claude Juncker, hanno affidato ieri a un articolo apparso sul Financial Times è di creare un'agenzia europea del debito che dal 2013 emetta titoli così da coprire gradualmente i bond esistenti fino al tetto del 40% del Pil della Ue e in ogni stato membro.

L'agenzia subentrerebbe al fondo europeo salva-stati e dovrebbe finanziare attraverso le obbligazioni sovrane europee fino al 50% delle emissioni degli stati e, solo in casi eccezionali, la totalità. Si tratterebbe - scrivono Tremonti e Juncker - di un passaggio di notevole valore politico che decreterebbe una volta per tutte «l'irreversibilità dell'euro».
Mario Monti sul «Corriere della Sera» di giovedì scorso ha rilanciato a sua volta la proposta, peraltro in linea con il contenuto del rapporto inviato nel maggio scorso al presidente della commissione Ue, José Manuel Barroso. Tremonti ne è da tempo convinto, tanto da averne fatto oggetto nel recente passato di più di una sollecitazione in sede europea: l'emissione di eurobond potrebbe effettivamente costituire una risposta comune e sistemica alle turbolenze dei mercati, a sostegno permanente dei debiti dei paesi membri. Ora prova a rilanciare: l'agenzia europea potrebbe essere operativa già a partire da questo mese, se il consiglio europeo in programma il prossimo 16 e 17 dicembre desse il via libera.
Non era argomento specifico della riunione serale dell'eurogruppo e al momento il responso non appare incoraggiante. Da Berlino, il commento del cancelliere tedesco Angela Merkel è tranchant: gli eurobond «non permettono concorrenza tra i tassi di interesse sui bond nazionali», che costituisce l'incentivo a realizzare gli obiettivi del patto di stabilità. Stando al portavoce del ministero delle finanze tedesco, l'adozione degli eurobond comporterebbe inoltre «una sensibile modifica dei trattati» e finirebbe per indebolire la discilina fiscale nei paesi europei.

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Tags Correlati: Angela Merkel | Consiglio Europeo | Elena Salgado | Europa | Giulio Tremonti | Josef Pröll | José Manuel Barroso | Mario Monti | Ministero delle Finanze | Obbligazioni | Stati Membri | Wolfgang Schäuble

 


«È un'idea intellettualmente attraente, ma lo stato della discussione politica tra i ministri non ne consente la realizzazione», commenta laconico il commissario agli affari economici, Olli Rehn, mentre per il ministro delle finanze spagnolo, Elena Salgado, «è una possibilità». Se ne riparlerà forse in tempi migliori, quando si riuscirà a superare il no tedesco. Il ministro Wolfgang Schäuble conferma: occorrerebbero cambiamenti sostanziali del Trattato e soprattutto il parlamento reagirebbe tetragono contro l'eventualità di «indebolire o limitare le prerogative nazionali sul bilancio». Josef Pröll, il ministro delle finanze austriaco, è ancora più esplicito: perché mai un paese, come l'Austria, che ha gestito la situazione economica all'insegna della stabilità, «alla fine dovrebbe pagare il conto»?

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