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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2010 alle ore 07:57.
Un governo Berlusconi bis lo escludono. Forse perché è lo scenario peggiore per un Pd che si ritroverebbe messo nell'angolo in Parlamento e anche nella costruzione di future alleanze all'infuori di Vendola-Di Pietro. Insomma, è quello che i Democratici più temono perché certificherebbe la marginalità del loro ruolo ma sposterebbe anche l'asse del centro-sinistra tutto a sinistra-sinistra. Di certo la riedizione di Berlusconi è lo spettro, soprattutto per la parte più moderata, dialogante, centrista.
Nel partito di Pierluigi Bersani si continua a lavorare per un governo Draghi o Monti ma ci si prepara a tutte le subordinate. Qualche giorno fa, un alto dirigente del Pd, spiegava che un «nuovo governo che ci mettesse nella condizione di dover scegliere solo tra un'astensione o un voto contro, sarebbe dilaniante». Si riferiva all'ipotesi di governi Tremonti, Letta o Schifani, su cui nel Pd si aprirebbero forti divisioni.
Ma andiamo per gradi. L'ipotesi di un Berlusconi bis viene scartata da un Pd convinto che né Fini né Casini lo reggerebbero. Dunque ci si aggrappa a loro anche se c'è chi pensa che per il primo partito di opposizione sarebbe perfino un bene, come spiega Stefano Fassina, della segreteria Pd, molto vicino a Bersani: «Se ci mettessimo nell'ottica particolare del Pd e non in quella generale del Paese, da un Berlusconi bis avremmo da guadagnare. Li aspetterebbe una manovra correttiva di almeno 8 miliardi oltre a future correzioni dei conti nell'ordine dei 30-40 miliardi per rispettare le nuove regole Ue di rientro dal debito. In queste condizioni noi potremmo svolgere il nostro ruolo di opposizione e avere ossigeno per costruire un'alternativa alla destra». Né Fassina né il suo partito ragionano sul "particulare" ma ci si prepara al peggio.
Più complicata è invece la scelta tra un governo Tremonti o Letta ma dal Pd sono più i "ni" al ministro dell'economia che al sottosegretario e braccio destro del premier. Ma c'è pure chi non fa distinzioni. «L'obiettivo deve essere la fine di Berlusconi, dunque, il Pd deve scegliere questo obiettivo accettando la successione senza badare a nomi. Sarà faticoso per noi, ma è una fatica che siamo obbligati a fare per imprimere una svolta alla storia politica di questo Paese». Paolo Gentiloni, tra gli artefici con Veltroni e Fioroni di Modem, l'area di minoranza Pd, fu uno dei primi – la scorsa estate – ad avallare l'idea di un governo Tremonti per accelerare la fine del berlusconismo. «Se fossimo un'opposizione normale – aggiunge Gentiloni – chiederemmo le elezioni ma non ne abbiamo la forza né un quadro maturo di alleanze. E allora il nostro compito deve essere favorire la transizione nel centro-destra. Se poi questo si tradurrà in un'astensione o un appoggio esterno a governi Tremonti o Letta si vedrà».