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Fini: conta il programma non chi guida

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2010 alle ore 08:43.
L'ultima modifica è del 08 dicembre 2010 alle ore 09:04.

Dimissioni di Berlusconi e nuovo governo. Non cambia la posizione del cosiddetto "terzo polo" che continua a sollecitare il premier a lasciare prima del voto in Parlamento senza però escludere un suo reincarico. Della strategia da seguire nei prossimi giorni hanno parlato ieri Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini nello studio del presidente della Camera. Vertice che è servito anche a "puntellare" i gruppi parlamentari in vista del giorno della battaglia, martedì 14 dicembre: lo dimostra la presenza dei liberaldemocratici Italo Tanoni e Maurizio Grassano tra i più "tallonati" dalla maggioranza perché sostengano l'esecutivo.


L'attenzione è naturalmente tutta concentrata sulle mosse di Berlusconi. Fini avrebbe osservato che «solo un passo indietro di Berlusconi può evitare che gli eventi precipitino» e, cioè, che si vada a elezioni anticipate. D'altra parte, però, il leader di Fli (che ieri ha avuto un breve colloquio con Gianni Letta) sa che il Cavaliere non ha nessuna intenzione di retrocedere. Almeno fino a quando durerà il muro contro muro tra gli schieramenti. Ieri, perciò, in un'intervista a "Ballarò" l'ex leader di An ha aperto uno spiraglio: va avviata una «fase politica nuova» con una «nuova agenda» per affrontare la crisi economica, ha scandito, ma «non mi interessa chi è il premier». Magari Berlusconi stesso.
Poco prima l'alleato Casini aveva ribadito la condizione imprescindibile di quella che si è chiamata "area di responsabilità nazionale": il passo indietro di Berlusconi. Dichiarandosi contrario, però, a un reincarico al premier. Il Cavaliere, ha detto l'ex presidente della Camera, «è stato in politica per 14 anni in tanti ruoli. Non mi sembra un reato che chi è all'opposizione o chi è stato espulso da Berlusconi, chieda di cambiare Berlusconi: hanno cambiato la Thatcher e Blair, che erano campioni del mondo in confronto a Berlusconi. Per me – è il suo appello – che si dimetta prima del 14 è un atto di convenienza per lui». Casini ha poi dichiarato la sua disponibilità a votare Gianni Letta o il governatore della Bankitalia Mario Draghi. Il problema, ammette però il leader centrista, è che i piani del premier prevedono altro: «Berlusconi vuole la maggioranza per una ragione soltanto: andare a elezioni anticipate».

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Tags Correlati: AN | Ballarò | Banca d'Italia | Berlusconi | Comitato Esecutivo | Domenico Scilipoti | Gianfranco Fini | Governo | Idv | Italo Tanoni | Mario Draghi | Maurizio Grassano | Pd | Riccardo Milana

 


Fini, invece, non fa nomi su un futuro premier e non esclude che possa essere ancora una volta il Cavaliere. Quello che il presidente della Camera esclude è che «Berlusconi ottenga la fiducia». Meglio perciò, fermarsi e ragionare sulle alternative. «Nell'ambito del centrodestra, dell'area dei moderati si dovrebbero trovare le ragioni per una convergenza con le iniziative dell'esecutivo» e «aprire una fase politica nuova all'insegna della responsabilità che affronti un'agenda per la crisi economica perché serve un cambio di velocità». «Mi interessa cosa fa il governo, non chi lo compone» ha sottolineato Fini che si è detto «convinto che non si andrà a votare» ma, in caso di voto anticipato, Fli non stringerà alleanze con il Pd: «Ci presenteremo con un'alleanza con il polo della moderazione» ha annunciato alla trasmissione di Floris.
Lontano dalle telecamere il ragionamento sui numeri va avanti. Per il fronte della sfiducia a rischio è il libdem Grassano: a un passo dall'adesione all'Adc di Francesco Pionati, poi firmatario della mozione antigovernativa, infine dubbioso sul documento. Ieri sera il suo avvicinamento al terzo polo era dato per acquisito. Il Pd, invece, ha "recuperato" i radicali che hanno sciolto la riserva e voteranno la sfiducia. Sotto osservazione resta Domenico Scilipoti, deputato Idv che ha lamentato minacce del suo partito e ha rinviato ogni decisione a dopo l'incontro con il leader del partito Antonio Di Pietro. In materia di "migrazioni" c'è da segnalare l'imminente passaggio del senatore del Pd Riccardo Milana a Fli, partito al quale porterà in dote una cinquantina di dirigenti locali.

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