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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2010 alle ore 06:39.
L'intesa raggiunta da Obama con i Repubblicani per prorogare i tagli fiscali alle classi più abbienti disposte da Bush è un segnale di sano pragmatismo politico. Innanzitutto perché il compromesso - il presidente ha per primo riconosciuto che potrà non piacere a un pezzo del suo stesso partito - ha alcune contropartite importanti, come il prolungamento per 13 mesi delle assicurazione sui disoccupati e lo stop a regole "troppo" generose in materia di successione. Ma il vero motivo d'interesse è un altro: con l'intesa, Obama ha dimostrato di avere metabolizzato nel modo giusto il risultato di mid-term.
Ha cioè compreso che, smaltita la luna di miele che lo aveva portato alla Casa Bianca sull'onda di un plebiscito, ora gli tocca governare sul filo dei voti. In un contesto economico che ha bisogno di azioni forti, rapide e inevitabilmente condivise. In una parola, Obama ha compreso di non potere fare a meno dei Repubblicani. Dopo il biennio del governo solitario, ha dunque avviato quello del governo allargato, condizione perché il governo stesso sia possibile ed efficace. La crisi tocca tutti, poveri e ricchi. Per salvaguardare i primi, l'anatra zoppa Obama deve tenere conto delle ragioni di tutti. Imparando a navigare fra gli ideali e i compromessi, potrà dimostrare di essere un vero leader.