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Finiani compatti verso la sfiducia

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 09:01.
L'ultima modifica è del 10 dicembre 2010 alle ore 09:11.

ROMA - Due righe secche per chiudere la porta a una possibile ricucitura prima del voto del 14 dicembre. «Se Berlusconi non prenderà atto della necessità di aprire, attraverso le sue dimissioni una nuova fase politica, Fli voterà la sfiducia». Gianfranco Fini blinda i suoi e, alla fine della riunione, è un breve comunicato a ribadire la linea più intransigente: o il premier fa un passo indietro o arriverà la spallata. Dietro quel diktat, però, si nasconde un gruppo ancora diviso sulla sfiducia e che l'ex leader di An cerca di tenere unito prima dello show-down.


Con i suoi Fini si mostra assai adirato e spende parole durissime all'indirizzo del Cavaliere. Giudica poco edificante lo spettacolo della corsa al voto in parlamento. «C'è una pressione indebita nei confronti dei singoli deputati - avverte il numero uno di Fli - ma la maggioranza il 14 andrà sotto». E bolla l'ex alleato come «inaffidabile perché con lui, è il suo ragionamento, «funziona soltanto la logica dello scontro, capisce il linguaggio della compravendita e della subordinazione, non quello della politica».

Al presidente della Camera proprio non è andato giù l'outing del premier sull'incontro con il suo generalissimo. «È una trappola - spiega ancora Fini -. Bocchino era autorizzato dal sottoscritto e la trattativa è rimasta riservata fino a quando in campo sono scesi Letta e Alfano, lui invece ha buttato tutto al macero, ho sbagliato a fidarmi ancora una volta, sta provando a dividere me e Casini».

Così il dialogo tra le due sponde si blocca e salta anche il previsto incontro tra Fini e il sottosegretario in programma ieri mattina. Tra i due, raccontano i rumors di palazzo, solo un contatto telefonico per prendere atto che, al momento, non ci sono margini. Mentre con Casini Fini ha il suo bel da fare nel convincerlo che non c'è alcuna volontà di giocare un'altra partita alle sue spalle. Le richieste avanzate al premier, racconta al leader dell'Udc, sono le stesse di Bastia Umbra e le dimissioni di Berlusconi restano un passaggio obbligato. Che Fini ribadisce con forza anche nel corso della riunione. «Noi non abbiamo paura - dice -. Non daremo mai l'impressione che non sappiamo ciò che vogliamo. Le dimissioni sono tassative». Ma su quelle, fanno capire dal Pdl prima Alfano e poi Bonaiuti, non c'è alcun margine di manovra perché Berlusconi è irremovibile. E anche un mediatore navigato come il senatore Andrea Augello vede pochissimi spiragli. «Se le dimissioni sono pregiudiziali allora è chiaro che la partita è chiusa perché il premier non si dimetterà».

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Tags Correlati: Alfano | AN | Andrea Augello | Berlusconi | Bocchino | Cicchitto | Elezioni | Finiani | Generazione Italia | Gianfranco Fini | Giulia Cosenza | Montecitorio | PDL | Perugia | Udc

 

In serata, poi, con un videomessaggio sul sito di Generazione Italia, pure Bocchino sembra intonare il de profundis della trattativa. «L'incontro con Letta c'è stato martedì scorso nell'ufficio di Berlusconi - conferma il capogruppo di Fli a Montecitorio -. L'obiettivo era spiegare il senso della proposta fatta da Fini a Perugia. L'incontro doveva essere riservato, che non significa segreto. Ma dobbiamo prendere atto con rammarico che è stato spiattellato dopo poche ore». Dunque, chiosa Bocchino, non resta che la via della sfiducia perché «il premier preferisce lo scontro muscolare in Parlamento pur di non rassegnare le dimissioni».

Per Fini il match è dunque a un punto morto e non c'è alternativa «a una crisi al buio». Lo dice senza tradire titubanze cercando di dissipare i residui dubbi delle colombe di Fli. Il più inamovibile è Silvano Moffa che prende la parola durante la riunione per ribadire a Fini le sue posizioni. «Andare al muro contro muro è un errore, bisogna abbandonare l'idea delle dimissioni e puntare alle risposte politiche». L'ex leader di An lo ascolta con attenzione, anche perché Moffa non sembra l'unico a mostrarsi perplesso rispetto all'idea della spallata e di un terzo polo con Casini e Rutelli senza un ruolo trainante di Fli. Con lui c'è tutta una pattuglia di moderati (da Viespoli a Menia) che condividono le sue lagnanze e considerano l'obiettivo della creazione di un nuovo centro-destra incompatibile con alcune scelte. Certo la mossa di Moffa di due giorni fa di affidare alle agenzie il suo pensiero («il passo indietro del premier non è indispensabile») ha spiazzato tutti, colombe incluse. Ma, nella sostanza, la sua linea non pare solitaria dentro Fli. «Sono convinto - spiega Moffa - che bisogna evitare la conta e interpreto il sentimento di molti. Il 14 non è risolutivo di nulla, non ci saranno né vincitori né vinti, ma solo perdenti se ci ostina ad andare a sbattere la testa per cecità». Moffa non lo dice apertamente, ma pensa alla testa di entrambi i contendenti e vorrebbe invece che si guardasse con più attenzione a certi segnali, come le aperture di Cicchitto sulla legge elettorale. Ma, a fine giornata, a prevalere è la linea dei falchi che serrano i ranghi e cooptano in vista del voto anche Giulia Cosenza, costretta a letto da una gravidanza. In casa futurista, però, la partita forse non è ancora conclusa.

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