Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2010 alle ore 09:14.
L'ultima modifica è del 09 dicembre 2010 alle ore 10:08.
Gentile direttore, leggo sul Sole 24 Ore che chi espone la bandiera dello stato italiano deve pagare la tassa sulla pubblicità, come imposta dal decreto legislativo 507 del 1998. A rivelare l'assurdo, l'albergatore di Desio Gianni Caslini, che s'è visto affibbiare un balzello per il crimine di avere lasciato sventolare il vessillo tricolore e la bandiera azzurra con le stelle della Ue dalla facciata del suo hotel. Il signor Caslini si lamenta: «Parlano tanto dei valori nazionali e poi ecco che mi arriva la sorpresa. Non per una questione di soldi ma per una di principio ho deciso di togliere le bandiere. Le ho piegate e messe in una scatola». Mancano pochi giorni al 2011, 150° compleanno per il nostro paese: non sarebbe meglio abrogare l'inutile 507 e lasciare che le bandiere sventolino in pace?
Sonia Maldifassi
Como
Gentile signora, anch'io ho letto della vicenda con dispiacere, ma non con stupore. Negli Stati Uniti la bandiera nazionale, Old Glory, garrisce da tutte le case, e ricordo i giorni dopo l'11 settembre quando ogni finestra la esponeva. Da noi si aspetta una vittoria della Nazionale. Il presidente Ciampi prima, il presidente Napolitano ora, hanno lavorato per ridare orgoglio nazionale al paese. La festa dei 150 anni è cruciale non per qualche scialbo revisionismo anti-risorgimentale che farà vendere qualche opuscolo qui o lì, né per le polemiche politiche che speriamo silenti. Deve essere un momento di unità vera, dove come italiani ritrovarsi per il nostro patrimonio comune, non Dna da sbattere in faccia al mondo, ma il nostro contributo - e che contributo cara Sonia - alla storia del mondo. Ricordare le fatiche, le speranze, i successi e le sconfitte dei nostri antenati, per aiutare le fatiche, le speranze e i successi dei nostri eredi, temprandoli contro le inevitabili sconfitte. Che si debba pagare dazio per la bandiera è assurdo e ci aspettiamo dai nostri parlamentari, in queste ore chini su altre vicende non esaltanti, un'abolizione rapida di un balzello detestabile.
No alla tortura
Gentile direttore, molti governi non contrastano la tortura, anzi alcuni di loro sono propensi a legittimarla per fronteggiare il terrorismo internazionale: come se la tortura divenisse "giusta" perché inflitta in nome della sicurezza. Così continuano, in alcuni stati si moltiplicano, arresti e detenzioni illegali, torture e maltrattamenti. Continuano perché molti paesi non hanno ratificato la Convenzione Onu contro la tortura o, pur avendolo fatto (come l'Italia) non l'hanno recepita nella loro legislazione. Dobbiamo reagire alla disinformazione generalizzata sui trattamenti inumani, all'assuefazione e all'inerzia che ne derivano, testimoniando con forza che libertà ed eguaglianza sono i cardini irrinunciabili della giustizia, che non può tollerare la violenza in ogni sua manifestazione e le sofferenze che provoca. Per fermare la tortura occorre agire tempestivamente sui governi. Se ai fini della prevenzione è strategico l'impegno di scuola e università nel promuovere una cultura della non violenza e del valore etico e civile della lotta contro i trattamenti crudeli, inumani e degradanti, sul piano della deterrenza e della repressione spetta al Parlamento dare l'esempio approvando al più presto la legge che introduce nel codice penale il reato di tortura, attuando finalmente la Convenzione Onu ratificata dall'Italia da oltre 20 anni.