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Questo articolo è stato pubblicato il 13 dicembre 2010 alle ore 08:23.
L'ultima modifica è del 13 dicembre 2010 alle ore 08:30.
Qualità della vita, benessere, felicità. Da Sarkozy a Cameron, l'idea che il Pil non basti più - almeno non da solo - per misurare la vera ricchezza dei territori è uscita definitivamente dal dibattito accademico che ha visto (e vede) cimentarsi e confrontarsi economisti e statistici. Da tempo governi e istituzioni internazionali stanno sperimentando nuove strade e nuovi criteri capaci di dire quanto si viva bene in un territorio. Ora lo farà anche l'Istat, che ha scelto la provincia di Pesaro e Urbino come area pilota per misurare gli indicatori del benessere e della qualità della vita.
Una novità importante, tanto più per il Sole 24 Ore, che da ben 21 anni, pur senza ambizioni scientifiche, realizza la sua classifica sulla qualità della vita nelle province italiane. Che cosa aspettarsi? Per prima cosa di non confondere "qualità" con "felicità". La felicità, certo, è una cosa seria. Ma può sfuggire a misurazioni di tipo statistico. La qualità, invece, rappresenta la capacità di un territorio di fornire ai cittadini servizi di alto livello; infrastrutture adeguate; tutela ambientale; occasioni di lavoro e di affari, di svago e di cultura; sicurezza e solido tessuto sociale. Insomma, a pensarci bene, non proprio tutti, ma molti degli ingredienti della felicità.