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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2010 alle ore 08:26.
Gentile direttore, è il 14 dicembre: e adesso?
Michele Titone
Padova
Caro Titone, lei accenna nella sua lettera, che ho ridotto alla domanda centrale, allo struggente romanzo di Hans Fallada «E adesso pover'uomo?», l'uomo della strada che vede la politica perdersi, mentre lui stenta come commesso in un negozio. Oggi tanti italiani, ricchi e poveri, colti e semplici, manager di multinazionali e impiegati, operai di fabbrica e softwaristi di start up high tech guarderanno allo spettacolo di Roma increduli e scettici. Sono questi i problemi della sfida economica di sistema che la crisi ci pone? Discute il Parlamento della disoccupazione giovanile, delle mafie, delle aziende che il mercato globale può salvare o perdere, delle professioni e dei mestieri che la globalizzazione rivoluziona, della sfida di Marchionne, del debito verso il 120% del Pil, dell'euro a due velocità, degli e-bond, del carico fiscale più massacrante d'Europa in uno degli stati peggio messi dell'Occidente? No: si vota una fiducia al rasoio a un governo che aveva asfaltato le opposizioni due anni e mezzo or sono. L'instabilità scoccata con il voto del 2006 entra nel suo primo lustro. Folli, Gentili e Forquet hanno spiegato meglio di chiunque le ragioni politiche della crisi, e a loro mi associo, quando dicono che, comunque vada oggi, lontano non si andrà. E del resto non stupirò nessuno se condivido la confidenza profetica di un ministro: «Il 14 Berlusconi incasserà 315 voti, e dopo la Befana la Lega Nord lo farà cadere». M'interessa poco a chi andrà la tappa di oggi. Conta che non riusciamo a innescare riforme maledettamente importanti per rimetterci in marcia, mentre il mondo corre e noi siam fermi da dieci anni. Governo sì, governo no, governo di transizione, elezioni anticipate per la seconda volta di fila come nei cupi anni 70, comunque vada a finire gli esercizi d'innovazione che ci attendono sono ineludibili. È assurdo arrivarci tardi, male e divisi, visto che occorrerebbe concordia per risolverli. Concordia non è parola di moda oggi, purtroppo. Ma, contati i sì e i no di oggi, il presidente Berlusconi, a 17 anni dalla discesa in politica, dovrebbe chiedersi come mai ha lasciato svanire un consenso blindato, rimettendo il paese nell'ansia da governo anemico. La fiducia è slalom di un giorno, l'ingresso dell'Italia nel mondo globale della nuova economia è scalata storica che nessuno può affrontare da solo, litigando con i compagni di cordata e gli avversari, dimentico delle necessità dei cittadini in attesa al campo base.