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Sul caro-pieno le compagnie c'entrano poco

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 07:47.
L'ultima modifica è del 15 dicembre 2010 alle ore 06:38.

Caro-pieno durante le feste. La polemica sui prezzi dei carburanti è un rito un po' stucchevole a cui ci siamo ormai assuefatti. Un rito, soprattutto, che sembra ortogonale a qualunque evidenza empirica. La ragione è che tutti si concentrano sul dito – gli aumenti – e pochi guardano la luna – i livelli assoluti dei prezzi. Forse la spiegazione va cercata nel fatto che, se il problema sono gli aumenti, il caso è presto risolto: il colpevole non possono essere che le compagnie petrolifere e il loro “cartello”.

Il problema di questa ricostruzione è duplice: nessuno ha mai trovato né l'arma del reato (le prove della collusione) né, tanto meno, il cadavere (l'oggettivo danno ai consumatori derivante dall'intesa). Infatti i movimenti dei prezzi possono essere spiegati con dinamiche interne al mercato petrolifero, senza bisogno di ricorrere alle teorie della cospirazione.
Il prezzo di un litro di carburante ha tre componenti: quella fiscale (accisa più Iva), il valore della materia prima (valorizzata attraverso il cosiddetto indice Platt's Cif Med), e il “margine lordo”, che incorpora tutte le voci di costi relative alla distribuzione dei carburanti in Italia, compresa la remunerazione della compagnia petrolifera e del gestore dell'impianto. La collusione può interessare due componenti: il Platt's (nel caso di manipolazioni sui mercati internazionali) e il margine lordo. Se le anomalie stanno nel Platt's, si tratta di qualcosa che l'Italia, come ogni altro paese europeo, sta subendo e su cui le compagnie italiane o le filiali di compagnie straniere attive nel nostro paese non hanno potere, così come poco o nessun potere hanno le autorità nazionali ntitrust). Quindi parlarne sarebbe un puro esercizio accademico. In ogni caso, non risulta alcuna evidenza di manipolazione in tal senso. Resta, allora, il margine lordo. È lì che sta il malaffare petrolifero?
Tra il primo e l'otto dicembre, il margine lordo sulla benzina è effettivamente cresciuto da 12,4 a 14,4 centesimi per litro, mentre sul gasolio nello stesso periodo è salito da 14,3 a 14,9 centesimi. Tuttavia, non si tratta di valori eccezionali: infatti, si collocano al di sotto dei margini lordi medi negli ultimi 12 mesi (15,3 centesimi per litro di benzina e 14,8 centesimi per il gasolio). Inoltre, sono in linea coi margini lordi osservati in media mensile nei mesi di dicembre degli scorsi anni, o addirittura inferiori. Dunque, nulla di strano. Ne segue che i comportamenti scorretti o ci sono sempre, o non ci sono mai. Poiché il comportamento delle compagnie petrolifere è costantemente sotto scrutinio, sia da parte di osservatori privati che istituzionali (come il Garante della concorrenza e il ministero dello Sviluppo economico) i quali non hanno – al momento – individuato prassi abusive, bisogna dedurne che non c'è evidenza di scorrettezze.

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Tags Correlati: Italia | Ministero dello sviluppo economico | Platt's Cif Med | Prezzi e tariffe |

 


Ciò non significa che tutto vada bene. Molto non va bene: la pistola fumante, però, non sta nell'adeguamento dei prezzi alle condizioni del mercato, ma nei loro livelli assoluti, sistematicamente superiori a quelli europei, sia quando sono “alti”, sia quando sono “bassi”. Si arriva, così, ai due grandi problemi irrisolti. Il primo è la fiscalità, che pesa tra il 50 e il 60% del prezzo alla pompa a seconda del prodotto e del momento. L'Italia è l'ottavo paese europeo per l'ammontare delle accise sulla benzina (56,4 centesimi) e il sesto per il gasolio (42,3 centesimi), ma non è né l'ottavo né il quinto per il reddito. Anche l'aliquota Iva è tra le più alte: vale il 20% e si applica, per paradosso, anche alle accise. Quindi, la prima cosa da fare – se si ritiene che il caro-pieno sia un'emergenza – è intervenire sulle imposte (che all'erario hanno fruttato, nel 2008, circa 36 miliardi). L'altro “imputato” è l'inefficienza della rete di distribuzione che, nel confronto con i paesi simili a noi, appare “pesante”, con punti di rifornimento troppo numerosi, un erogato medio troppo basso, e la quasi totale assenza di altre fonti di entrate per i gestori. Il mancato ammodernamento della rete, che è imputabile soprattutto alle norme e alle prassi delle regioni, determina un extra-costo stimabile in 3-4 centesimi per litro. Insomma, è che la radice di tutti i mali – si parli di tasse o si parli di barriere normative alla concorrenza – va cercata nell'intervento pubblico.

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