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Commenti e Inchieste

Tramonta il sol dell'Occidente

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2010 alle ore 09:31.
L'ultima modifica è del 18 dicembre 2010 alle ore 10:15.

Da tempo si prevedeva un mondo multipolare, che tuttavia restava sempre come sospeso, lontano, all'orizzonte. Adesso, invece, eccolo arrivare precipitosamente. Due secoli di egemonia dell'Occidente stanno per concludersi, prima ancora rispetto a quanto abbiano immaginato molti.
La storia si dispiega sotto i nostri occhi in aride statistiche economiche. L'anno prossimo, proprio come quest'anno, le economie degli stati in rapida ascesa - Cina, India, Brasile, Turchia, Indonesia e altri ancora - verosimilmente andranno incontro a una crescita dell'8% o forse più. Le nazioni sviluppate, oberate dai debiti, in linea di massima stenteranno a crescere al di sopra del 2 per cento.


L'equilibrio geopolitico planetario sta cambiando di conseguenza. La Cina si sta affermando sempre più in Asia orientale. L'India sta mettendo insieme una flotta oceanica. Turchia e Brasile stanno cercando di tradurre il proprio potere regionale in motivo di prestigio a livello internazionale. L'Indonesia fa capolino, tra Washington e Pechino. L'Europa stenta a non cadere nell'irrilevanza. L'America ha un deficit di bilancio stratosferico e vive una paralisi politica.

Sono tuttora prematuri i segnali di un avvenuto scavalcamento della supremazia statunitense. Malgrado tutti i suoi problemi, l'America resta l'unica superpotenza globale. Uno degli avvenimenti passati quasi inosservati nel 2010 è stato il ritorno degli Usa in Asia. Fiaccati da Pechino e dalla distruttiva imprevedibilità della Corea del Nord, i vicini della Cina hanno chiesto a gran voce protezione allo Zio Sam.

Gli stati in ascesa si trovano in una fase in cui vogliono godere il potere senza accollarsi però il peso delle responsabilità che esso comporta. Volendo metaforizzare l'ultima dimostrazione di forza della Cina, Pechino è come un adolescente che abbia appena scoperto di avere la forza fisica di un adulto. Ignorando il monito di Deng Xiaoping di aspettare il momento giusto, la capitale cinese sta disperdendo il soft power accumulato in oltre un decennio.

L'India vuole il rispetto che spetta al suo status di grande potenza, ma è riluttante a rinunciare alla credibilità di cui gode nelle piazze, credibilità conferitale dal suo vecchio ruolo di leader non allineato. La Turchia vuole guardare a Oriente, oltre che a Occidente, ma deve ancora trovare un giusto equilibrio tra la sue nuove ambizioni per una leadership nel mondo musulmano e il suo attaccamento di lunga data all'integrazione euro-atlantica.

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Tags Correlati: Anna Bissanti | Brasile | Consiglio di sicurezza | Deng Xiaoping | Germania | India | Indonesia | Onu | Pechino | Politica | Russia | Stati Uniti d'America

 

L'Europa è in pessime condizioni. Una Germania unita, più nazionalista e meno disponibile a scendere a patti, ha mandato letteralmente a gambe all'aria l'equilibrio politico dell'Unione Europea. L'Unione funzionava quando la leadership era condivisa tra Francia e Germania. Adesso, invece, Berlino vuole essere l'unica a decidere. La valuta unica potrà anche essere salvata, ma non sono sicuro che vi sia un effettivo grande entusiasmo per un'Europa tedesca. Per quanto riguarda la Gran Bretagna, il suo primo ministro alle prime armi non ha dimostrato finora grande interesse, né attitudine, per elaborare qualcosa che assomigli vagamente a una politica estera.

Il Giappone pare intrappolato in una ritrattazione semipermanente. Benché allarmato dagli scontri con la Cina nel conteso Mar Cinese orientale, il Giappone ha avuto cinque primi ministri in tre anni. Questo giochetto delle sedie politiche per taluni aspetti sembra più facile da fare, invece di soffermarsi a riflettere su una risposta strategica da dare alle insicurezza dell'Asia orientale.

La Russia si considera nel novero delle potenze in ascesa, ma in realtà è uno stato in declino, intrappolato nel suo stesso passato. Per ragioni di politica interna e per suscitare interesse e attenzione all'estero, i leader moscoviti continuano a fingere che il nemico si trovi in Occidente. L'orgoglio nazionale - pensano - può rinascere ed essere ripristinato soltanto ergendosi contro gli Usa e l'Europa. I veri pericoli, invece, sono molto più vicini: una corruzione endemica, un vistoso calo demografico, un'economia in crisi dipendente dal petrolio e dal carbone.

Un modo semplice e comodo per descrivere il nuovo panorama geopolitico è quello di equipararlo a una competizione tra Occidente e il resto del mondo, tra le democrazie liberali occidentali e le autocrazie orientali basate sull'economia di mercato. Per quanto nitida possa sembrare questa divisione, essa non tiene conto delle sfumature e delle complessità. Nessuno, per esempio, è più determinato di Cina e Russia nel voler precludere all'India la possibilità di avere un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Pochi più dell'India temono il rafforzamento militare della Cina.

Le nazioni in pieno sviluppo danno maggior importanza alla loro potenza rispetto alle leggi internazionali, più alla loro sovranità che al multilateralismo. La transizione verso un nuovo ordine probabilmente vedrà sempre più rivalità e concorrenza che collaborazione. L'interdipendenza non potrà essere ignorata, ma di sicuro sarà messa a dura prova. Sarà per certo un percorso con alti e bassi. Peccato, quindi, che buona parte dell'Occidente paia intenta a nascondersi sotto le coperte.
(Traduzione di Anna Bissanti)
© FINANCIAL TIMES

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