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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2010 alle ore 08:15.
Marco Moussanet
Il primo aneddoto è sul tempo.
Quando nel 1989 Patrick Thomas arriva a Hermès, chiamato dal mitico presidente Jean-Louis Dumas, scopre un altro mondo. Lui viene da Pernod Ricard, dal largo consumo, fatto di marketing e di faticosa conquista di quote di mercato. Ed entra in un luogo dove non sempre c'è una relazione diretta tra l'investimento su un prodotto e i possibili ritorni. Dove si crea, si inventa anche per puro piacere. Dove i clienti devono mettersi in lista d'attesa per avere una borsa Kelly. Tanto i soldi arrivano lo stesso. Di fronte al suo sconcerto iniziale, Dumas gli dice: «Non abbiate fretta. Per sei mesi non fate nulla, osservate e cercate di capire». Cosa che Thomas ha fatto e ha fatto bene visto che 19 anni più tardi è diventato il primo amministratore di Hermès esterno alla famiglia.
Il secondo aneddoto è sul valore.
Nel 2005, quasi per caso, Hermès inizia a produrre una borsa in tela. Bella, ovviamente, e soprattutto dal prezzo accessibile, circa 300 euro. Il successo è travolgente, la borsa va letteralmente a ruba. In Faubourg Saint-Honoré si rendono conto che può svilire l'immagine della maison, la sua percezione di esclusività. E la ritirano dal mercato, rinunciando al 2,5% del fatturato e a lauti guadagni.
Il tempo. Il valore.
E la famiglia. Da quando, nel 1837, Thierry Hermès ha aperto il suo negozio di sellerie e finimenti in Boulevard des Capucines (a un passo da dove pochi anni più tardi un certo Louis Vuitton cominciò a fabbricare valigie e bauli) ed è via via diventato un nome, un riferimento, premiato all'esposizione universale del 1867 e fornitore ufficiale di corti reali e imperiali, la società è sempre stata in mano alla famiglia. E ognuno dei suoi rappresentanti ha fatto fare a Hermès un passo avanti. Emile-Maurice con le cerniere lampo e l'ingresso nella pelletteria. Robert Dumas con la Kelly, i carré in seta e i profumi. Jean-Louis Dumas, che ha regnato per 28 anni (dal 1978 al 2005), con la borsa Birkin, il prêt-à-porter e i gioielli, la creazione dell'accomandita che riunisce tutti gli eredi, l'ingresso in Borsa (nel 1993), l'internazionalizzazione. Mentre la moglie Rena, architetto d'interni, si occupava dell'arredo dei negozi.