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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 08:08.
«O maggioranza ampia o elezioni anticipate». Il "mantra" ripetuto tutti i giorni da Silvio Berlusconi dopo aver incassato il 14 dicembre la fiducia della Camera per soli tre voti fotografa bene il bivio di fronte al quale si trova la politica italiana alle soglie del 2011. Per una volta in sintonia con il Quirinale, il premier. Perché nel suo discorso alle alte cariche dello stato del 20 dicembre Giorgio Napolitano ha indicato chiaramente la strada: con la crisi economica ancora in atto e i mercati finanziari in fibrillazione il voto anticipato va scongiurato premiando la stabilità. Ma stabilità per fare cosa? «L'esecutivo deve andare avanti» a condizione che vi sia «la prospettiva di un'efficace azione di governo e di un produttivo svolgimento dell'attività delle Camere».
Avanti per fare le riforme necessarie al paese, dunque, non certo per vivacchiare con pochi voti di margine a Montecitorio. Su questo capo dello stato e premier sono d'accordo. Così come sul fatto che qualsiasi soluzione va trovata nel perimetro del centro-destra uscito vittorioso nel 2008 («terrò conto del risultato elettorale», ha tenuto a precisare Napolitano). Da qui la necessità di ampliare il più possibile la maggioranza. E da qui, una volta sconfitto l'ex cofondatore del Pdl Gianfranco Fini nel suo tentativo di dare a Berlusconi il colpo mortale della sfiducia, il rilievo politico che ha assunto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini. Corteggiato da tutti, dal Pdl al Pd, per ora "balla da solo". Ma senza mettere i bastoni tra le ruote al governo e anzi mostrando la massima disponibilità. Casini ha intanto "costretto" il costituendo terzo polo (Udc, Fli di Fini e Api di Francesco Rutelli) all'uso di toni più concilianti. E di fatto il sostegno all'azione del governo è già in atto: solo ieri il sì alla riforma dell'università e l'astensione sulla mozione di sfiducia nei confronti del ministro leghista Roberto Calderoli.
L'appoggio esterno è proprio uno degli scenari possibili: aggiornare il programma – dando priorità alle misure per la crescita, e magari al quoziente familiare tanto caro al cattolico Casini – in modo da ottenere il sì del terzo polo in aula anche senza l'ingresso formale nel governo. I toni bassi usati nelle ultime ore dallo stesso Fini e i ripetuti inviti alla "collaborazione" e alla "concordia" che vengono da più parti – anche dalle gerarchie ecclesiastiche – vanno appunto in questa direzione. E certo un clima di concordia per affrontare i problemi del paese non dispiacerebbe al capo dello stato.