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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2010 alle ore 08:57.
La vicenda di Mikhail Khodorkovskij, ex patron della Yukos, nel 2004 uomo più ricco di Russia, ha del romanzesco, fa rivivere i fantasmi di Stalin, le confessioni forzate, le purghe per via giudiziaria. Ed è la metafora di un paese che mentre allunga un piede verso la modernità e tratta per entrare nella Wto, mantiene l'altro ben saldo nell'arcaicità della sua storia. Khodorkovskj è stato giudicato colpevole dopo una detenzione di sette anni seguita a un primo processo. Furto e truffa i capi d'accusa. Ma il processo, stando al segretario di stato Usa e a membri del governo di Gran Bretagna e Francia, ha rivelato gravi irregolarità e confermato che quello russo è ben lungi dall'essere uno stato di diritto.
A Mosca la giustizia è lotta politica, e stavolta la cosa va presa alla lettera. La sentenza ha per sfondo le presidenziali 2012 che Putin vuol vincere. E un'economia che viaggia al +4%, circa la metà degli altri paesi Bric. Tra crescita e diritti non c'è un nesso diretto di causa-effetto, si dirà. Ma è certo che se l'Occidente ha bisogno della Russia e delle sue materie prime, la Russia ha bisogno dell'Occidente e dei suoi mercati. A patto che qualcuno - tra Washington e Bruxelles - voglia far valere questo argomento e far sì che un processo sia un processo.