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Quel pasticciaccio brutto di Battisti

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2010 alle ore 07:59.
L'ultima modifica è del 31 dicembre 2010 alle ore 06:38.

Sono ore decisive per la richiesta di estradizione di Cesare Battisti, una brutta storia da qualunque angolazione la si guardi.
È brutta la vicenda del protagonista, un assassino che ha travestito di ragioni ideologiche la propria pulsione di morte sperando furbescamente di nobilitarla.

È stato condannato all'ergastolo per quattro omicidi commessi tra il giugno 1978 e l'aprile 1979, quando militava nei Proletari armati per il comunismo, una di quelle sigle "mordi e fuggi" nate durante il movimento del 1977 per concorrenza ed emulazione con la "ditta" originaria, le Brigate rosse, come tanti satelliti impazziti dentro la galassia del cosiddetto "partito armato". Estetismo, giustizialismo, ribellismo, superomismo sono i tratti dominanti di un'azione terroristica che ha preteso di fare la rivoluzione uccidendo un gioielliere come Pierluigi Torregiani, un macellaio come Lino Sabbadin o esponenti delle forze dell'ordine come Antonio Santoro e Andrea Campagna. Una storia di morte e di dolore, come quello che non ha tregua di Alberto Torregiani, figlio del gioielliere assassinato e finito su una sedia a rotelle per un colpo sparato dal padre durante il conflitto a fuoco con gli attentatori.
L'ideologo delle Brigate rosse Enrico Fenzi polemizzò duramente con questa area sovversiva e con l'idea di volere rifare la storia della sinistra extraparlamentare senza le Br, elaborando una contrapposizione teorica postuma e fittizia tra i corpi "visibili" cattivi - le Br e lo Stato - dediti rispettivamente alla lotta armata e alla sua repressione, e i cosiddetti "invisibili": i giovani buoni, innocenti e libertari del movimento del 1977, i quali sarebbero rimasti schiacciati da uno scontro tra apparati contrapposti che non li avrebbe minimamente riguardati. Una bella favola, buona per addormentarsi negli anni 80 senza troppi rimorsi per poi risvegliarsi, nel decennio successivo, dall'altra parte: indifferenti, qualunquisti, inquieti, annoiati, indignati, di destra o, al massimo pensionati baby da 19 anni, sei mesi e un giorno.
La storia di Battisti è brutta perché anche nel suo caso è stata applicata la cosiddetta dottrina Mitterrand, in base alla quale la Francia ha negato negli anni 80 l'estradizione a quanti avessero abiurato la violenza e fossero perseguiti per crimini di natura politica diretti contro qualunque Stato, a patto che non fosse quello francese. Inutile girarci intorno: l'argomento formale che ha motivato tale pratica non scritta è stato quello di omaggiare un'antica tradizione di ospitalità risalente ai tempi della Rivoluzione francese, ma la ragione sostanziale è che la Francia, nell'inedito ruolo di terzo giocatore fra i due blocchi principali in cui era diviso il mondo della guerra fredda, e alla perenne ricerca di una grandeur perduta, ha preferito garantire l'impunità a soggetti politici funzionali a destabilizzare l'Italia attraverso la lotta armata per favorire gli interessi nazionali transalpini nello scacchiere mediterraneo.

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Tags Correlati: Andrea Campagna | Antonio Santoro | Brigate Rosse | Cesare Battisti | Cesare Beccaria | Enrico Fenzi | Francia | Lino Sabbadin | Lula | Partito Socialista | Pierluigi Torregiani | Reati

 

La vicenda di Battisti è brutta anche per l'atteggiamento di un certo milieu culturale transalpino: il fatto è che il terrorista si è trasformato in scrittore di successo durante la latitanza, e dunque uno scrittore di successo non può essere privato della libertà, perché la sua libertà vale di più di quella dei comuni mortali. In Francia si è così sviluppato un movimento di sostegno in suo favore che ha sciaguratamente contaminato anche settori, per quanto minoritari, del Partito socialista: nulla più di questa campagna misura la distanza culturale e civile intercorrente tra l'Italia che ha combattuto e vinto il terrorismo nel rispetto della Costituzione, a differenza di quanto avvenuto in Francia con la guerra di Algeria, e quel misto di supponenza, radicalismo e ipocrisia che troppo spesso caratterizza la parte peggiore del gauchismo d'oltralpe.


Ma la storia è brutta poiché certamente oggi Battisti è un altro uomo rispetto a quello fuggito nel 1981 e la sua eventuale estradizione riproporrebbe il drammatico contrasto tra l'inestinguibilità di un reato come l'omicidio e l'assurdità di una pena tanto differita nel tempo: è stata l'Italia con Cesare Beccaria ad avere insegnato al mondo che punire non è solo risarcire la vittima, ma anche rieducare il colpevole, una possibilità oggi preclusa.
Infine, questa vicenda è brutta perché coinvolge un presidente dalla storia prestigiosa come quella di Lula, che, nel caso in cui concedesse il diritto di asilo, sbaglierebbe confondendo la sua biografia di militante socialista e di perseguitato da un regime dittatoriale con quella di un delinquente dalla penna affilata, che in Italia ha goduto allora e godrebbe oggi di tutte le garanzie democratiche. Sarebbe il modo peggiore per concludere un'esperienza di governo di grande spessore politico e civile.

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