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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 22:24.
Con la visita di questi giorni del vicepremier cinese in Europa, la Cina ha ribadito l'interesse per la stabilità finanziaria dell'Europa. La Spagna, prima tappa del tour, è proprio il paese critico. Se la crisi di debito si allarga a Madrid, l'Europa sprofonderà. Ma la salvezza dell'Europa è tutta a Oriente? Quali scenari si possono aprire se la Cina continua a guardare con troppo interesse ai debiti pubblici europei? Sarà la crescita di Pechino a salvare l'Europa anche nel 2011?
Nel 2010, la crescita cinese ha traghettato l'Europa che esporta fuori dalla recessione. Non possiamo darla per scontata nel 2011. L'inflazione preoccupa, in particolare quella dei beni alimentari. Una minaccia per la coesione sociale, fattore critico per un capitalismo centralizzato che gioca ai margini della democrazia. Non a caso la Banca centrale ha messo l'inflazione al centro dei propri obiettivi, più della crescita.
L'inflazione in Cina è il sintomo dello scricchiolare degli equilibri-squilibri globali del passato. In particolare della nuova Bretton Woods. Un accordo implicito fra Stati Uniti e Cina per il quale i primi sono riusciti a vivere al di sopra delle proprie possibilità forti del ruolo di valuta di riserva del dollaro, mentre i secondi, con uno yuan sottovalutato, sono cresciuti trainati dall'export. La Cina ha finanziato il debito degli Stati Uniti, che a loro volta hanno contribuito a consumare i prodotti cinesi. La forte domanda di debito degli Stati Uniti ha mantenuto bassi i tassi d'interesse e permesso di creare leve finanziarie monstre.
Dopo la crisi, il consumatore americano non può più vivere al di sopra dei propri mezzi. La riduzione dell'indebitamento richiede un dollaro più debole per evitare una deflazione. Gli Stati Uniti, prima, hanno bussato ai cinesi per chiedere una rivalutazione dello yuan, poi hanno agito con il QE2. I 600 miliardi di dollari di titoli di stato acquistati dalla Fed hanno implicitamente finanziato la seconda manovra fiscale di Obama. Hanno anche sancito un primo passo verso la fine della nuova Bretton Woods: non è una cifra molto inferiore agli 800 miliardi di dollari che sono nelle tasche dei cinesi. Hanno portato liquidità abbondante nei mercati mondiali aprendo falle dappertutto, maggiormente nei mercati delle materie prime e dei beni alimentari dove i cambiamenti nella capacità produttiva di breve periodo sono minori. Proprio l'inflazione nei beni alimentari grava ora sulla Cina.