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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2011 alle ore 07:35.
L'ultima modifica è del 11 gennaio 2011 alle ore 06:38.
Gli italiani amanti, in certi casi patiti, del pallone lo sanno bene: alla fine il verdetto del campo va sempre rispettato. Del resto, questa è una sorta di regola aurea che viene tramandata di generazione in generazione e metabolizzata, non senza qualche difficoltà, da tutti coloro che possono fregiarsi dell'appellativo di sportivo oltre che di tifoso. Una regola da rispettare ancora di più se il terreno di gioco si trasforma in una sala settecentesca del palazzo della Consulta e se la partita diventa quella che si gioca, ormai da mesi, sul legittimo impedimento con ricadute dirette su equilibri politico-istituzionali.
Oggi il giudice relatore Sabino Cassese illustrerà il caso e giovedì la Corte costituzionale ufficializzerà la sua decisione sullo "scudo" per il presidente del Consiglio, grazie al quale alcuni processi a carico di Silvio Berlusconi sono soggetti a rinvio per diversi mesi. Una pronuncia molto attesa e non solo dall'entourage del premier, ma al di là di quello che sarà l'orientamento dei giudici costituzionali un elemento è già certo: la sentenza avrà anche il valore del fischio finale e a quel punto il verdetto non potrà che essere rispettato, in questo caso per il bene del paese.