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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2011 alle ore 06:37.
Le «tasse piatte», si sa, favoriscono i redditi più alti: è la loro natura, offrono un'aliquota unica uguale per tutti e quindi concentrano gli sconti rispetto al prelievo progressivo su chi denuncia di più.
La cedolare secca sugli affitti, però, rischia di esagerare. Fissata al 23%, come sembra dagli ultimi ritocchi pensati dal governo, si dimentica di tutto il primo scaglione di reddito, a cui non offre alcun vantaggio. Anzi: siccome il fisco «tradizionale» si paga solo sull'85% dell'affitto, scegliere la cedolare significherebbe versare di più.
Non si tratta di un dettaglio. Nulla quaestio quando il proprietario è nella prima fascia di reddito perché la sua dichiarazione è un po' distratta, ma non si può certo pensare di colpire per legge chi dichiara poco sulla base del sospetto che sia un evasore. È v vero anche che fra chi offre una casa in affitto il reddito medio è più alto rispetto a quello della totalità dei contribuenti, ma non si può generalizzare e, soprattutto lontano dalle grandi città, non sono pochi i piccoli proprietari con entrate contenute. La nuova tassazione, poi, rischia di assestare un colpo mortale agli affitti a canone concordato, che servono alle famiglie a basso reddito ma perderebbero nel nuovo regime ogni incentivo fiscale.