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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2011 alle ore 06:37.
Al "rientro dei cervelli" è stata destinata un'ampia produzione normativa. Misure il cui esisto è finora stato incerto e deludente. Perché è importante il rientro dei cervelli? Perché lo sviluppo di un Paese dipende anche dal capitale umano esistente.
Non è facile dire quanti siano gli italiani che lavorano in università o in centri di ricerca all'estero: una stima ipotizza non meno di 20mila. Di certo, coloro che sono ritornati, anche sulla base dei provvedimenti del ministero, sono stati poche centinaia di cui la maggior parte è poi ritornata all'estero.
Le ultime disposizioni sono contenute: 1) nella legge 4 novembre 2005 n. 230; 2) nelle linee guida per il 2005 del decreto ministeriale n. 18/2005; 3) nel Programma per Giovani Ricercatori "Rita Levi Montalcini" del 2009. Anche la legge di riforma dell'università (la legge Gelmini) tratta ampiamente il tema.
La prima norma prevede la chiamata diretta come professore di prima o seconda fascia di studiosi italiani impegnati all'estero, che abbiano conseguito una posizione accademica di pari livello: un cervello torna stabilmente: cioè, entra nei ruoli della docenza universitaria italiana. Anche la legge Gelmini prevede tale possibilità.
Con un apposito finanziamento, la seconda norma permette a ricercatori con attività stabile all'estero da almeno tre anni di ottenere un contratto a termine (rinnovabile entro stretti limiti) con un'università italiana impegnandosi a un'attività continuativa, esclusiva e a tempo pieno. Inoltre questi studiosi sono tenuti a presentare una dichiarazione dell'università o istituzione di origine che attesti la loro messa in congedo o in aspettativa senza assegni per la durata del contratto.
La terza disposizione, con un finanziamento di 6 milioni di euro, offre a giovani studiosi stranieri e italiani, in possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente conseguito da non più di sei anni e impegnati all'estero da almeno un triennio, l'opportunità di svolgere attività di ricerca in Italia. Il compenso lordo annuo era di 40mila euro. La legge Gelmini prevede, inoltre, la possibilità che il titolare di un contratto, dopo aver conseguito l'abilitazione scientifica a professore associato, sia inquadrato in tale ruolo.