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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2011 alle ore 07:55.
L'ultima modifica è del 19 gennaio 2011 alle ore 09:06.
Nel primo decennio del XXI secolo abbiamo assistito a un drastico rovescio di fortuna nel prestigio di modelli politici ed economici diversi. Dieci anni fa, alla vigilia della bolla delle dottcom, gli Stati Uniti si trovavano in una situazione di netta superiorità. La democrazia statunitense era presa a modello, pur non essendo sempre amata; la sua tecnologia si diffondeva in tutto il mondo; il capitalismo "anglosassone", poco regolamentato, era considerato destinato a prevalere a ogni latitudine. Ma gli Stati Uniti sono riusciti a dilapidare quell'ingente capitale morale: la guerra in Iraq, la stretta associazione che si è venuta a creare tra invasione militare e promozione della democrazia l'hanno infangata, mentre la crisi finanziaria a Wall Street ha posto fine all'idea che si potesse fare affidamento sull'autoregolamentazione dei mercati.
La Cina, al contrario, è in netta ascesa. Il presidente Hu Jintao è a Washington in questi giorni per una delle sue rare visite di stato nel momento esatto in cui molti cinesi considerano il modo col quale hanno superato la crisi finanziaria come una rivincita del loro sistema, e l'inizio di una nuova éra, nella quale le idee liberali di stampo statunitense non saranno più preponderanti. Le aziende di proprietà statale sono tornate in auge e sono state il dispositivo prescelto tramite il quale Pechino ha coordinato i suoi cospicui stimoli economici.
Qual è il modello cinese? Molti osservatori distrattamente lo inseriscono nella categoria del "capitalismo autoritario", insieme a Russia, Iran e Singapore. Il modello cinese, invece, è del tutto sui generis: definirne e descriverne la modalità precisa di governance è difficile, e ancor più difficile è imitarla, motivo per il quale non si presta a essere esportato altrove.
Il sistema politico cinese fa affidamento su un punto di forza particolare, la sua capacità di prendere decisioni complesse e di grande impatto in tempi rapidi e oltretutto relativamente bene, quanto meno in politica estera. Nondimeno, il governo cinese si distingue per una maggiore qualità rispetto a quello russo, iraniano o di altri regimi autoritari con i quali è spesso annoverato senza distinzione alcuna, proprio perché la leadership cinese si sente in parte tenuta a rispondere del proprio operato nei confronti della popolazione. Questa responsabilità precisa non è procedurale, ovviamente: l'autorità del partito comunista cinese non è limitata da alcuna legalità né da elezioni democratiche. In ogni caso, i dirigenti cinesi prestano attenzione nei confronti della classe media urbana e degli interessi delle potenti aziende che producono occupazione, ma reagiscono anche allo sdegno provocato da casi di corruzione tra i quadri di partito di più basso livello.